Il Coronavirus ha stravolto il mondo e le nostre abitudini. Ci siamo abituati, pian piano, ad un universo stravolto. Cosa ci aspetta da ora in poi?
27.354 nuovi contagi da Coronavirus; 504 morti: è questo il bilancio di oggi circa l’andamento dell’epidemia da Coronavirus nel nostro Paese. Oggi, 16 novembre, sono stati effettuati in Italia 152.663 i tamponi. Aumentati i ricoveri di 489 unità, per un totale di 32.536. Più 70 invece nelle terapie intensive, mentre il rapporto positivi/tamponi è al 17,9%, E mentre il Ministro della Salute Roberto Speranza si dice ottimistico circa la curva e l’andamento dei contagi, che si starebbe stabilizzando, a guardarlo adesso il mondo fa davvero paura.
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Stiamo affrontando una crisi epocale che mai ci saremmo aspettati. Abituati ai nostri agi, ai nostri comfort, alle nostre libertà, alle nostre necessità, mai avremmo pensato di poter perdere tutto ciò con cui siamo nati. Nessuno in fondo avrebbe mai potuto toglierci quel tempo libero, quel caffè al bar, quella passeggiata al mare, quell’abbraccio, quella maglietta comprata in un giorno di shopping, quei viaggi guadagnati, quei lavori che affrontavamo con fatica e che ora ci sembra tra le cose più preziose da proteggere. Nessuno avrebbe forse potuto imporci un orario per rientrare a casa. Nessuno… nessuno…
Cos’è cambiato, oggi?
Cosa facevamo , in fondo, di così speciale? Niente. E cosi, oggi siamo tutti confusi e all’incertezza iniziale di non capire si è sostituita la sensazione di essere finiti in un limbo. Alle prime speranze di poterne uscire mentalmente stabili, ora si sostituisce l’angoscia delle rinunce. Quanto ci manca la nostra vecchia vita? Le nostre quattro stupide abitudini intoccabili? La percezione di essere liberi? Stiamo peggio tutti, ciascuno nel proprio gruzzolo, e certamente la rinuncia è più forte per alcuni; meno forte per altri. Ma è forte per tutti. Ci siamo abituati: alle distanze sociali, all’uso di mascherine, ai decreti che arrivano di continuo a cambiare le nostre vite.
Credo che il mondo abbia il suo modo di riequilibrarsi. Credo che ci sia stata esigenza, forse, di ristabilire le scale, di riacquistare l’importanza dei rapporti sociali, di mettere in pari le percezioni di ciò che ci circonda. Siamo costretti a ricostruire. E solo quando riusciremo a vedere ciò che si è salvato, allora forse potremmo apprezzarne il senso.