I detenuti del carcere di Torino in rivolta per le norme del nuovo dpcm contro il Covid-19, che vietano i colloqui. C’è timore anche per le elevate possibilità di contagio a causa del sovraffollamento delle strutture penitenziarie.
Il Governo, a causa della seconda ondata di Covid-19, ha vietato i colloqui nelle carceri. Un provvedimento che ha causato numerose proteste in tutta Italia. A Torino, questa mattina, i detenuti hanno dato inizio alla battitura delle inferriate delle celle. Nei giorni scorsi anche i loro familiari si erano riuniti al di fuori della struttura penitenziaria al fine di chiedere a gran voce un incontro con l’amministrazione.
La protesta, tuttavia, non si limita al tema dei colloqui. Una delle fonti di preoccupazione è infatti la possibilità di contrarre il virus proprio nella casa circondariale. Le carenze di spazi e il sovraffollamento delle carceri potrebbe mettere a serio rischio la salute dei detenuti. Questi ultimi e le loro famiglie hanno dunque richiesto che vengano applicate misure alternative alla detenzione in carcere, tra cui ad esempio gli arresti domiciliari.
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Sul tema si è espresso questa mattina Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori del Partito Democratico, il quale ha sottolineato la gravità della situazione. “A ieri erano detenute 54.767 persone mentre i posti regolamentari disponibili sono 47.131“, ha spiegato. Inoltre, ha illustrato le misure che il Governo si appresta ad attuare per risolvere almeno in parte la questione relativa al sovraffollamento delle strutture penitenziarie.