Il boss della ‘ndrangheta Domenico Bellocco è stato arrestato nelle scorse ore a Vibo Valentia. La sua fuga durava da un anno esatto, quando era riuscito a sfuggire durante l’operazione Magma.
Si è conclusa nelle scorse ore la fuga di Domenico Bellocco. Il noto boss della ‘ndrangheta è stato arrestato nel corso della serata di venerdì, dopo una fuga che è durata oltre un anno. Era il novembre del 2019, quando vennero rese note le condanne per l’operazione Magma, condotta dalle forze dell’ordine e dal tribunale di Reggio Calabria. Solo Domenico Bellocco non fu tradotto in carcere, perchè riuscì a sfuggire proprio prima del via dei provvedimenti appena presi. Un anno dopo è avvenuta la fine della latitanza e la conseguente cattura da parte delle forze dell’ordine.
Bellocco è esponente di spicco dell’omonima famiglia mafiosa di Rosarno, nonchè nuovo reggente della cosca. Ci hanno pensato il procuratore Giovanni Bombardieri e l’aggiunto Gaetano Paci a coordinare le indagini per la sua cattura. A metterla in pratica, invece, sono stati i carabinieri della compagnia “Cacciatori di Calabria” e gli uomini del Goa della Guardia di Finanza. Domenico Bellocco era ricercato per i reati di associazione di stampo mafioso e narcotraffico. Al momento dell’arresto, il boss della ‘ndrangheta aveva con sè documenti falsi.
La cattura del pericoloso boss è legata a un’altra operazione, la “Tre croci”, che aveva fornito dati sufficienti per poter intervenire. I finanzieri del Gico hanno raccolto elementi importanti in tale ottica, in modo da poter consentire di localizzare Bellocco. Si tratta di elementi di convergenza con altre attività investigative, condotte a propria volta dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio Calabria. In un primo momento, il boss era sfuggito all’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip Antonino Foti. Ma la nuova inchiesta ha spezzato le ali a Bellocco.
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Le indagini che avevano portato alla figura di Domenico Bellocco sono partite oltre quattro anni fa. Erano legate al sequestro di oltre 400 chili di cocaina, che era stata gettata in mare dall’equipaggio di una motonave che la stava trasportando verso la terra ferma. A bordo del mezzo acquatico, secondo gli inquirenti c’era un soggetto colletato alle cosche di Rosarno. Quindi il collegamento con il boss reggente della cosca rosarnese è divenuto automatico. Così i pm del tribunale di Reggio Calabria hanno intensificato le indagini, finchè non sono arrivati proprio a Bellocco.
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Il latitante ha condotto l’operazione e altri arrivi di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti nel nostro Paese. Il porto scelto per le operazioni era quello di Gioia Tauro. A inchiodare Bellocco sono stati due collaboratori di giustizia, Salvatore Albanese e Giuseppe Tirintino. I due ex esponenti della malavita organizzata calabrese hanno indicato Bellocco come uno dei soggetti che aveva ricevuto dal capo cosca, lo zio Umberto, il mandato di diventare il nuovo reggente della cosca. Così la sua fuga è durata un anno, si è interrotta e ora lo porterà in carcere a Vibo Valentia.