Il governo spagnolo, guidato da Pedro Sanchez, ha annunciato la sua intenzione di inserire una patrimoniale nella legge di Bilancio 2021. Intanto in Italia Conte scansa l’ipotesi, ma qualche esponente di governo (come il ministro Provenzano) si dice d’accordo. Il tema è entrato nel dibattito pubblico. Ma Cos’è una patrimoniale? E quante ce ne sono?
Mentre Conte ribadisce l’inesistenza di ogni progetto di patrimoniale, mentre il ministro dell’Economia Gualtieri sottolinea che non è presente nel programma di governo, in Italia il tema entra nel dibattito pubblico. Ad alimentarlo, una serie di circostanze. Innanzitutto, lo stato delle finanze pubbliche. Con un debito pubblico che lo scorso agosto ha raggiunto i 2.578,9 miliardi di euro, con i margini di manovra in deficit per 22 miliardi di euro nel 2021, le casse dello Stato diventano sempre più precarie, e le tasche da cui attingere sempre meno. Inoltre, le affermazioni lasciate trapelare da alcuni esponenti politici non lascerebbero pensare a una totale chiusura nei confronti dell’ipotesi. Il ministro Giuseppe Provenzano, responsabile del dicastero per il Sud e la coesione Territoriale, ad esempio, si sarebbe detto d’accordo con una forma di tassazione sulle successioni, “in caso di grandi ricchezze ereditarie”. Poi avrebbe specificato: “Sono favorevole, a livello personale in quanto non rientra nell’accordo di governo”. Infine, a completare il quadro, ci sarebbe anche la rottura del tabù da parte della vicina Spagna, che ha annunciato una mini-patrimoniale consistente nell’aumento delle aliquote Irpef e sui redditi più alti.
Innanzitutto è necessario definire cosa sia una patrimoniale. La patrimoniale è un’imposta calcolata sul patrimonio dei contribuenti, mobile (come conti correnti, obbligazioni ed azioni) o immobile (come abitazioni e studi professionali). Nel mirino dell’imposta non ci sarebbe, quindi, il reddito da lavoro ma il capitale detenuto da persone fisiche e/o giuridiche residenti e localizzato in Italia o all’estero. Inoltre le imposte patrimoniali possono essere fisse, quando l’importo è lo stesso per tutti i contribuenti, o variabili, quando il volume del patrimonio va a influenzare il valore dell’imposta. Come spiegato sul Corriere dall’avvocato Marco Cerrato, partner dello studio tributario Maisto e Associati e professore di International Tax Law all’Università Liuc di Castellanza, in Italia è corretto parlare di “patrimoniali”, al plurale: “In Italia abbiamo innanzi tutto imposte patrimoniali ‘selettive’, che colpiscono alcune componenti del patrimonio”.
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Le patrimoniali sono 4 (al momento). La prima e più conosciuta è “l’Imu, con alcune rilevanti eccezioni come le prime case non di ‘lusso'” (ricorda Cerrato), si riferisce alle persone fisiche e colpisce gli immobili italiani, basandosi sul valore catastale, con un’aliquota dello 0,76%. La seconda è l’Ivie, sempre sulle persone fisiche: riguarda gli immobili esteri, ed è basata sul costo di acquisto, sul valore di mercato o sul valore catastale estero con un’aliquota sempre dello 0,76%. La terza è l’imposta di bollo: si riferisce alle persone fisiche e agli enti, e si rivolge agli asset finanziari italiani in base al valore di mercato (o, in assenza, al valore nominale) con un’aliquota dello 0,2%. Infine l’Ivafe, l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero. Quest’ultima imposta riguarda persone fisiche, enti non commerciali e società semplici e colpisce gli asset finanziari esteri, con un’aliquota dello 0,2% sempre sul valore di mercato (o, in assenza, al quello nominale).
A quelle sopraelencate, nel corso della storia si sono aggiunte le patrimoniali speciali. Una patrimoniale speciale sarebbe stata, ad esempio, il prelievo forzoso sui conti correnti effettuato dal governo Amato nel 1992. Anche per questo oggi alla parola “patrimoniale” tutte le antenne si rizzano preoccupate. Un intervento così invasivo fu forse un unicum nella storia politica italiana, tendenzialmente avversa ad applicare patrimoniali e soprattutto nella loro versione più radicale. In quell’anno, tuttavia, il governo Amato decise di entrare nei risparmi degli italiani per portare a termine una manovra correttiva dal valore di 30.000 miliardi di lire. Così applicò un prelievo forzoso del 6 per mille, necessario per evitare l’aumento di Iva e Irpef.
A commentare l’ipotesi sul Corriere è ancora l’avvocato Cerrato, che afferma: “Nonostante il Covid abbia stimolato un dibattito sull’argomento va considerato che gli strumenti di aiuto attuati a livello comunitario (in primis il Recovery Fund) e la continua sottoscrizione dei titoli del debito pubblico da parte della Bce rendono meno pressante nel breve periodo l’esigenza di compensare la riduzione di entrate dovute al Covid tramite un prelievo patrimoniale. Se ci fosse un fallimento di questi strumenti, il rischio sarebbe senz’altro più elevato. Un ulteriore fattore da considerare è che l’impopolarità di un prelievo patrimoniale lo rende maggiormente probabile in presenza di un governo tecnico e non da parte di un governo politico come quello attualmente in carica”.
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Insomma, la situazione è grave ma il governo ha ancora strumenti a sua disposizione per evitare questo scenario. Inoltre, finché il governo avrà l’esigenza di mantenere il consenso dei cittadini, eviterà l’applicazione di una misura così impopolare. Questione diversa, invece, per il governo tecnico.
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