Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science evidenzia: alcune persone, soprattutto i bambini, nonostante non siano mai entrate in contatto con il coronavirus, potrebbero essere in possesso di anticorpi reattivi contro il Sars-CoV-2. Probabilmente si tratta di anticorpi sviluppati contro altri virus e utili anche contro il Covid.
Sulla rivista Science è apparso un articolo che pone l’accento su una nuova scoperta, che porta con sé delle ipotesi tutte da verificare: alcune persone, nonostante non siano mai entrate in contatto con il Sars-Cov-2, potrebbero esser in possesso di anticorpi reattivi contro il virus. In special modo i bambini. Innanzitutto, però, nell’articolo viene specificato: questo non vuol dire che questi anticorpi siano veramente in grado di prevenire l’infezione di Sars-Cov-2. L’autore della ricerca, Kevin Ng, infatti, afferma: “Non ci sono prove ancora, comunque, che gli anticorpi reattivi siano veramente in grado di prevenire l’infezione da SARS-CoV-2”. Al momento lo studio si sarebbe limitato ad osservare la reattività degli anticorpi. Eppure, già emergono le prime ipotesi: gli esperti pensano alla possibilità che anticorpi contro altri coronavirus (tra cui il raffreddore) possano reagire anche contro il Covid-19. A condurre lo studio e a cercare di dare una prima spiegazione del fenomeno, gli studiosi del Francis Crick Institute e University College London. Stando a quanto emerso fino ad ora, la scoperta sarebbe avvenuta in maniera totalmente casuale mentre gli scienziati verificavano l’efficacia di un test antigenico per la diagnosi del nuovo coronavirus. Per effettuare la sperimentazione sul test, che utilizza campioni di sangue, si è deciso di somministrarlo a due gruppi di persone diversi: a chi era già entrato in contatto con il Sars-Cov-2 e a chi non era mai stato infettato prima di quel momento. Il verdetto? In alcuni casi anche in questo secondo gruppo sono apparsi dei positivi. Essendo un test antigenico, ne consegue che la positività indica la presenza nel sangue di anticorpi reattivi al Sars-Cov-2.
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A quel punto si è cercato di capire il perché di questo fenomeno. Il test è stato ripetuto su 300 campioni di sangue raccolti negli anni precedenti alla pandemia. La reazione è apparsa confermata: un caso su 20 presentava anticorpi reattivi contro il nuovo coronavirus, in special modo nei bambini in una fascia di età dai 6 ai 12 anni. Lo studio è passato allora ad analizzare le peculiarità di suddetti anticorpi, scoprendo: gli anticorpi reattivi si legano – effettivamente – a una subunità della proteina Spike, simile a quella di altri coronavirus e presente anche sulla superficie del Sars-Cov-2. Nel caso in cui la scoperta riuscisse ad ottenere ulteriori risultati e ipotesi comprovate, gli effetti sulla ricerca sul coronavirus sarebbero molteplici, anche per quanto riguarda la ricerca di un vaccino.
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Questa scoperta, infatti, permetterebbe di creare una prima base di lavoro per lo sviluppo di vaccini ad ampio spettro, in grado di coprire contemporaneamente tanti coronavirus diversi. L’autore della ricerca, Kevin Ng, intanto, cerca anche di spiegarsi il perché i bambini, in genere, presentino sintomi della malattia meno gravi rispetto agli anziani: secondo l’ipotesi dell’esperto i bambini potrebbero usufruire dell’immunità sviluppata nei confronti di altri coronavirus, vista la frequenza delle infezioni nelle persone di giovane età.
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