Le Regioni considerate zone rosse tornano il lockdown da venerdì 6 novembre, le conseguenze potrebbero essere disastrose per molte attività.
Il nuovo Dpcm firmato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte entrerà in vigore da domani, venerdì 6 novembre. Al suo interno le Regioni vengono suddivise in zone (gialla, arancione, rossa) in base al livello di gravità dell’emergenza coronavirus. I territori considerati “zone rosse” torneranno a misure restrittive che ricordano il lockdown di marzo e aprile.
Così, oltre a bar e ristoranti che stanno protestando ormai da diverse settimane, si uniscono alla lunga lista delle attività penalizzate i negozi. Nonostante commercianti e ristoratori tra giugno e settembre abbiano investito cifre importanti per mettere in regola e in sicurezza le proprie attività, il Governo ha deciso di fargli abbassare le serrande lo stesso. Con il rischio che, stavolta, non riescano più ad alzarle.
Il paradosso sta nel fatto che, per tanti esercizi commerciali che rimarranno chiusi, ce ne sono altrettanti che continueranno a lavorare in quanto ritenuti “essenziali”. In primis le attività di commercio al dettaglio in esercizi non specializzati con prevalenza di prodotti alimentari e bevande. Dunque ipermercati, supermercati, discount, minimercati, altri esercizi non specializzati di alimenti vari e negozi di commercio al dettaglio di prodotti surgelati.
Resteranno aperte anche le tabaccherie, inclusi gli esercizi specializzati nella vendita di sigarette elettroniche e liquidi da inalazione, i ferramenta, le farmacie e le edicole. E fin qui, le misure sono quasi uguali a quelle del lockdown di marzo. La differenza sta nel fatto che stavolta i negozi aperti saranno molti di più.
Dai negozi di elettronica, i benzinai, i rivenditori di attrezzature e prodotti per l’agricoltura e per il giardinaggio, alle librerie, le cartolerie, i negozi per bambini e neonati e quelli di intimo. Dai negozi di articoli sportivi e per il tempo libero, le concessionarie di auto e moto, i negozi di giocattoli, alle profumerie e erboristerie, i fiorai e i negozi per animali domestici.
E ancora resteranno aperti barbieri e parrucchieri, i negozi di ottica, quelli per la casa, lavanderie, tintorie, servizi di pompe funebri e attività connesse. Non solo, sarà autorizzato il commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet, per televisione, per corrispondenza, radio, telefono. Allo stesso modo arriva l’ok per il commercio effettuato per mezzo di distributori automatici.
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Infine continueranno a lavorare gli ambulanti. Via libera ai banchi che vendono prodotti alimentari e bevande, ortofrutticoli, ittici, carne, fiori, piante, bulbi, semi e fertilizzanti, profumi e cosmetici, saponi, detersivi ed altri detergenti, biancheria, confezioni e calzature per bambini e neonati.
Le domande che sorgono spontanee sono molteplici: cosa rende “essenziale”, ad esempio, i fiorai? E le concessionarie? Perché barbieri e parrucchieri resteranno aperti, ma non i centri estetici? Le motivazioni delle decisioni prese con le nuove misure restrittive restano incerte. E intanto a rimetterci sono gli esercizi commerciali. E non sono quelli chiusi. Anche per la lunga lista di quelli che rimarranno aperti c’è un problema. In un territorio in lockdown, infatti, il passaggio dei clienti è molto più limitato, così come la voglia di spendere delle persone, ma i costi di apertura restano gli stessi.
Per quanto riguarda la situazione delle attività commerciali nelle zone ritenute arancioni, sono ancora le attività di somministrazione quelle maggiormente vessate dai provvedimenti dell’esecutivo. Qui infatti rimarranno aperti i negozi, ma resta l’obbligo di chiusura di bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie – ad esclusione delle mense e del catering – 7 giorni su 7.
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