La prima ondata di Covid aveva limitato i problemi ad alcune regioni. Dopo l’estate la diffusione è stata più ampia: ora in difficoltà ci sono le regioni del Sud.
Il mondo, o in questo caso l’Italia si è capovolta nel passaggio dalla prima alla seconda ondata di Covid. Almeno per quanto riguarda la pressione ai danni delle strutture ospedaliere del nostro Paese. E se la situazione è cambiata solo in minima parte, e non necessariamente in meglio, nelle regioni messe peggio durante la prima ondata di diffusione del virus, ora anche in altre parti del Paese si soffre per la presenza di un numero massiccio di soggetti ricoverati. E la cartina al tornasole la si ottiene con l’analisi condotta da Il Sole 24 Ore.
Regioni come la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna – quelle messe peggio nei mesi primaverili – sembrano vivere una situazione stazionaria. Dopo l’ondata terribile di ammalati e di ricoveri durante i mesi di marzo e aprile, ora la pressione sugli ospedali è decisamente minore. Ma l’analisi in questione va a colpire proprio la presenza di soggetti nei nosocomi, e non la quantità di persone risultate positive ai tamponi. Visto e considerato che, numeri alla mano, la quasi totalità dei nuovi positivi sono asintomatici o paucisintomatici, quindi in grado di curarsi in isolamento domiciliare.
Torniamo dunque alla situazione degli ospedali, in particolare alle terapie intensive. Lo scorso 3 aprile ci fu il picco, con 4.068 ricoveri in tutta Italia, seppur sparsi in poche regioni. Di contro si faceva i conti con ben 29.010 ricoveri con sintomi il giorno dopo, ovvero quello in cui ci sono stati più casi. Allo stato attuale delle cose, mentre il Governo annuncia un nuovo Dpcm con misure molto simili – in alcuni casi – a un lockdown totale, ci confrontiamo con dati ben diversi. La pressione sui reparti di terapia intensiva, giusto per snocciolare un numero, ammonta al 56% del record di cui sopra.
A crescere in maniera maggiore sono invece i ricoveri ordinari. Rispetto al dato record del 4 aprile, infatti, attualmente la situazione ammonta al 76% di quel terribile totale. Anche perchè, giorno dopo giorno, si assiste in base ai dati di Protezione Civile e Ministero della Salute a una crescita di circa mille unità per volta. Passando all’analisi delle regioni, si nota come in Lombardia il picco di aprile è decisamente lontano dal concretizzarsi. Anche perchè, come abbiamo accennato sopra, la differenza rispetto alla prima ondata di Covid riguarda proprio la diffusione del virus stesso.
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Il carico ospedaliero ai danni delle regioni maggiormente colpite in primavera, infatti, è decisamente minore. Da ciò si evince che il rischio di un nuovo collasso, così com’è avvenuto sette-otto mesi fa, sembra essere scongiurato. La stessa cosa si avverte, così come in Lombardia, anche in Emilia Romagna e in Veneto. Tanto che entrambe le regioni, in base alla suddivisione territoriale stabilita dal Governo con l’ultimo Dpcm, entrambe le regioni si trovano nella zona gialla. Discorso diverso per altre regioni italiane, condannate proprio per la condizione dei propri ospedali.
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Sono in particolare sei le regioni italiane in cui la pressione sugli ospedali, causata dall’avanzata del Covid, è decisamente più pesante. Stiamo parlando di Campania, Lazio, Sardegna, Sicilia, Calabria e Umbria. Tra queste per fortuna non c’è la Puglia, che insieme alla Sicilia è l’unica regione inserita nel novero della zona arancione. In ogni caso, resta da seguire la curva dei contagi nei prossimi giorni per capire il reale stato dell’arte. Anche perchè Campania e Sicilia, in base al bollettino diffuso ieri, hanno avuto un calo di ricoveri in terapia intensiva.