A perdere la vita un uomo di 58 anni di origini marocchine residente nel bergamasco, al lavoro in un capannone.
Succede a Bardolino, un piccolo comune veneto: lì nel silenzio di un cantiere dove si lavorava a un capannone ha perso la vita un operaio di 58 anni. L’uomo di origini marocchine residente nel bergamasco, era al lavoro in un capannone in costruzione nella zona artigianale in località Campazzi. All’improvviso ha perso l’equilibrio cadendo da un’altezza di tre metri battendo la testa a terra e morendo sul colpo. Inutili i soccorsi, giunti immediatamente sul posto anche con l’elisoccorso. Hanno solo potuto constatarne il decesso. Sembra che l’operaio sia uscito dal cestello elevatore senza rimanere imbragato per posizionarsi sul baggiolo dove stava per essere calata la trave per la costruzione del capannone. Per lui non c’è stato nulla da fare.
Questa storia è solo l’ultima delle moltissime morti bianche raccontate nel 2020. 719 i decessi, pari al 19,5% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il territorio più colpito è il Nord ovest (con 265 casi mortali), complice soprattutto l’aumento in Lombardia (+89). Come conferma la storia del capannone di Bardolino. Dall’analisi per fasce d’età salta fuori anche un altro dato: i morti aumentano solo tra gli over 55 – non a caso le categorie più a rischio per il coronavirus – mentre in tutte le altre c’è stata una diminuzione. A pagare il prezzo più alto sono i medici: solo nel periodo del lockdown totale (tra marzo e aprile) le denunce di infortunio sul posto di lavoro sono salite del 500%, a ulteriore conferma di quanto gli ospedali siano stati un veicolo di contagio. Tutto rientra nelle statistiche, purtroppo.
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Le storie non portano tuttavia tutte verso un esito così tragico: entro lo scorso mese di luglio sono state 288.873 le domande di infortunio presentate, in calo di circa 90mila casi rispetto alle 378.671 dei primi sette mesi del 2019. Il motivo, spiegano gli esperti dell’istituto, è dovuto al calo delle denunce registrato tra marzo e luglio (-31,6%), “a causa soprattutto dello stop forzato tra marzo e maggio di ogni attività produttiva considerata non essenziale per il contenimento dell’epidemia da nuovo coronavirus e delle difficoltà incontrate dalle imprese nel riprendere la produzione a pieno regime nel periodo post-lockdown”.
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Il crollo maggiore si è registrato nel mese di maggio, con denunce praticamente dimezzate rispetto allo stesso mese del 2019. Un segnale positivo dettato però dall’emergenza sanitaria in corso. Sono aumentate del 143%, invece, le denunce presentate dal personale sanitario nei primi sette mesi dell’anno (con punte del +500% nei mesi più critici). Cosa dobbiamo quindi aspettarci dal futuro?
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