Di nuovo picco di decessi: le cremazioni al cimitero di Lambrate – a Milano – sono aperte solo per i defunti milanesi.
Sembra, purtroppo, di essere tornati indietro di otto mesi, quando gli obitori ed i cimiteri non erano in grado di accogliere il numero eccessivo di morti. Sta avvenendo di nuovo, e sempre in Lombardia. Il servizio di cremazione del cimitero di Lambrate da domani infatti resterà attivo solo per i defunti milanesi. Chi muore in città senza esserne residente non potrà quindi essere cremato. La limitazione si deve all’incremento della mortalità registrato sul territorio milanese, a causa, neanche a dirlo, del Covid. La media «normale» è di 46 decessi al giorno — si legge nell’ordinanza del Comune —, mentre «si sta registrando una crescente mortalità anche con picchi superiori a 80 decessi al giorno». E «la situazione sta compromettendo la normale capacità operativa del crematorio e del deposito del cimitero, con tempi di attesa per la cremazione superiori a cinque giorni dall’arrivo a Lambrate dei feretri». È una spia, una delle tante, che si riaccende. La prima ordinanza sul tema risale infatti al 26 marzo. Durante la prima ondata della pandemia, per tre settimane, dal 3 al 21 aprile, il forno crematorio di Lambrate venne addirittura spento «per l’aumento costante e progressivo dei defunti in attesa di cremazione» che avrebbe potuto provocare anche «conseguenze di carattere igienico-sanitario». Oggi si chiude precauzionalmente, spiegano dal Comune, proprio per evitare di ritrovarsi nelle condizioni della scorsa primavera e con la speranza che la curva della mortalità possa scendere.
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A differenza di quanto accaduto nella scorsa primavera, la seconda ondata in Lombardia è partita proprio dalla metropoli. Basta analizzare il dato di ieri, con il numero dei morti che torna sopra quota 100. Dei 117 decessi registrati dal bollettino di giornata, 66 si sono verificati nella provincia di Milano. Oltra la metà del totale, con una forte incidenza degli over 75. Il dato sui morti è una triste coda dell’aumento dei contagi e quindi in modo proporzionale anche dei ricoveri delle ultime settimane. Ieri i contagi sono stati 6.804 su 32.337 tamponi, con una percentuale del 21 per cento sui test processati, leggermente inferiore a quella degli ultimi giorni. Dei nuovi positivi 2.829 sono nella provincia di Milano, con il dato della città che torna dopo diversi giorni sotto quota mille (999). Un dato che si spera possa progressivamente calare parallelamente alla discesa dell’Rt, passato dal picco di 2,35 di settimana scorsa all’1,66 dell’ultima rilevazione. Resta preoccupante il dato di Varese, con nuovi 1.192 casi. I ricoveri in terapia intensiva salgono a 475 (+40), mentre quelli negli altri reparti a 4.740 (+334). Sono invece 2.539 i guariti di giornata. Intanto ieri è stato trovato l’accordo tra le organizzazioni sindacali, inprimis quella dei rianimatori, per gli ospedali in Fiera di Milano e Bergamo: «Un tassello importante nell’ottica della valorizzazione del lavoro di professionisti che si stanno occupando di pazienti fragili: oltre agli incentivi di carattere economico e l’utilizzo gratuito di alloggi, l’intesa stabilisce anche la possibilità di effettuare screening diagnostici con l’attivazione di sportelli per il supporto psicologico anche per i familiari», ha spiegato l’assessore al Welfare Giulio Gallera. Che ieri è intervenuto per replicare alla Federazione degli Ordini dei medici sui test rapidi. «La maggior parte degli studi non ha caratteristiche idonee a garantire l’esecuzione in sicurezza dei tamponi», attacca il sindacato. «Il loro obbligo nasce da un accordo collettivo nazionale che è vigente per tutti i medici», la risposta di Gallera.
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