L’invito ad entrare nel Regno di Dio è esteso a tutti e non è per pochi “eletti”. Ma di cosa si tratta davvero? E’ l’invito ad accogliere una gioia che nessuno ci potrà togliere.
Svuotò se stesso, per questo Dio lo esaltò.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési
Fil 2,5-11
Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
R. Da te, Signore, la mia lode nella grande assemblea.
Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre! R.
Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli. R.
Perché del Signore è il regno:
è lui che domina sui popoli!
A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra. R.
Lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!». R.
Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 14,15-24
In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!».
Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.
Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
Parola del Signore
Nella Parabola proposta dal Vangelo di oggi, c’è l’invito di Dio per tutti ad entrare nel suo Regno. L’uomo della parabola voleva infatti condividere la sua felicità con più persone possibile. Invita molti, ma questi sono preoccupati di altro: chi del proprio campo, chi dei propri affari.
Forse gli invitati non si rendono conto, non credono pienamente che quella sia davvero la festa più bella, cioè stare alla presenza di Dio, un Dio di felicità! Non gli interessa, non ne vogliono sapere.
Questi invitati sono stati chiamati, ma non hanno risposto. Infine, Dio apre a tutti l’invito al banchetto della gioia eterna del suo Regno. Non la riserva più a pochi “eletti”, ma la estende a tutti.
Questa è la metafora della storia della salvezza di Dio che estende la conoscenza di sé a tutti, facendo sì che il Vangelo possa essere conosciuto e accolto direttamente da tutti i popoli, e non solo come testimonianza indiretta di alcuni.
La chiamata di Dio diventa dunque personale, aperta a tutti. In particolare agli ultimi, “i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”, gli oppressi, i sofferenti, i puri di cuore… Perché, come spesso dice Gesù, nel suo cuore gli ultimi sono i primi.
Quegli “ultimi” che non rifiuteranno la sua chiamata, perché, a prescindere dalla fede, avranno compreso cosa è davvero importante: l’amore, la gioia, il rispetto, la felicità fatta dell’essenziale. Una felicità profonda che non ha prezzo, non si può toccare, si può solo vivere e accogliere, desiderare con tutto il cuore.
Per avere questa felicità eterna non occorre molto. Occorre rispondere alla chiamata di Dio, che è la nostra gioia, qui e dopo la vita, e Gesù ci ha sempre indicato la via per ottenerla: uscire dal proprio egoismo, aprirsi all’altro, dimenticare sé stessi e sperare in Dio.
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