A causa dell’emergenza sanitaria e della relativa crisi economica, anche assegno di separazione e assegno di divorzio stanno subendo riduzioni. I giudici si pronunciano sulle richieste di revisione per le perdite subite dai coniugi.
La crisi economica legata all’emergenza sanitaria in corso sta ricadendo anche sull’assegno di separazione e sull’assegno di divorzio. Difatti, molti gli ex partner che hanno chiesto la revisione delle condizioni di separazione o di divorzio dopo aver subito la riduzione dei redditi a causa del lockdown. Lo prova il fatto che numerose, tra le recenti pronunce dei giudici di merito e della Cassazione, hanno deciso domande di modifica delle disposizioni già stabilite sull’assegno. Inoltre, per quanto riguarda l’assegno divorzile occorre anche considerare un altro elemento, ovvero che le decisioni di revisione degli assegni sono in aumento anche perché i giudici stanno “disapplicando” il concetto del tenore di vita nella quantificazione del contributo, adeguandosi ai principi affermati dalle Sezioni unite della Cassazione con la sentenza 18287 del luglio 2018. Nelle pronunce, viene spesso ricordato che l’assegno divorzile ha il compito di assicurare all’ex coniuge un contributo per colmare la disparità tra le condizioni reddituali di marito e moglie, che va valutata in prospettiva post matrimoniale «perché l’assegno divorzile possa assolvere alla propria funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa» rispetto alle pregresse condizioni di vita.
Contrariamente all’assegno divorzile, l’assegno di separazione o di mantenimento è rimasto tale in termini di obblighi di sostegno assunti con il matrimonio e ancora in vita nonostante la separazione. Eppure, anche qui i giudici di merito chiamati a decidere sull’assegno, hanno dovuto fare un lavoro di analisi e comparazione delle situazioni economiche e reddituali dei coniugi. Questo perché, nell’esaminare la richiesta del contributo, devono essere considerate le oggettive condizioni reddituali delle parti nel momento attuale, segnato dalla crisi lavorativa dovuta all’emergenza sanitaria. In questo caso, dunque, se la crisi ha colpito i redditi dei coniugi facendo venir meno lo squilibrio patrimoniale che esisteva in precedenza, l’assegno di mantenimento non viene riconosciuto (Tribunale di Ancona, sentenza 851 del 1° luglio 2020). Mentre il contributo è assegnato se, ad esempio, a causa della crisi un coniuge ha perso il lavoro e l’altro può contare su altre risorse patrimoniali (Tribunale di Torino, sentenza 1686 del 1° giugno 2020).
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La questione è stata riepilogata di recente dalla Cassazione con l’ordinanza 19330 del 17 settembre 2020. Come chiarito dalla Suprema corte, l’assegno divorzile decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di divorzio. Mentre, la legge 74/1987 ha poi introdotto un temperamento a questo principio, consentendo al giudice di disporre, in relazione al caso concreto e anche in mancanza di una specifica richiesta, una diversa decorrenza dell’assegno divorzile, anticipandone in questo modo gli effetti al tempo della domanda. Tuttavia si tratta di una possibilità, che per poter validamente essere disposta, necessita di una specifica quanto adeguata motivazione.
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