Fidanzati uccisi, killer:” Erano troppo felici, volevo ucciderli”

Ci sono rabbia e frustrazione nel diario di Antonio De Marco, il reo confesso dell’omicidio dei fidanzati Daniele De Santis ed Eleonora Manta, trovati morti nel loro appartamento il mese scorso. Un quaderno del tirocinante infermiere spiegherebbe gli assurdi motivi del gesto. 

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Il 21enne che aveva detto di averli uccisi perché troppo felici, aveva dei problemi nelle relazioni e li esternava scrivendo. Nel diario che ha aiutato gli inquirenti a trovare lui stesso, appuntava tutto il suo malessere. La sua era una doppia vita: studiava per diventare infermiere, ma covava sentimenti di odio e di vendetta al punto da pianificare la morte di due persone. E forse molte di più. Un passato difficile e il malessere chiuso dentro per anni.


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Il suo ex coinquilino, la vittima, era più brillante e più fortunato con le ragazze. I suoi successi venivano paragonati ai rifiuti delle ragazze con cui si relazionava. Perennemente respinto, ipotizzava un gesto eclatante per emergere dall’isolamento sociale. Probabilmente avrebbe compiuto un altro delitto se non fosse stato fermato. Daniele ed Eleonora potevano essere soltanto i primi e più facili obiettivi.

 


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“Mercoledì ho avuto una crisi mentre stringevo un cuscino, ho pensato che a differenza mia gli altri abbracciano delle vere ragazze e così sono scoppiato a piangere. Ho comprato qualche attrezzo… voglio uccidere qualcuno, voglio farlo a pezzi. Ho accettato la stanza, nella stessa casa di F., e ho già le chiavi e da qui quando andrò via potrò uccidere Daniele… mi piacerebbe una donna per prima, ma penso che così sarà una buona base di partenza”, scriveva Antonio il 7 agosto sul suo diario. I pensieri appuntanti iniziano con “Questi sono i motivi per cui noi non siamo normali”. E poi a seguire un elenco: “Parlare sempre al plurale; la bestia che sento dentro quando piango; il rifiuto dei 18 anni”. C’è anche un accenno all’intervento chirurgico alla colonna vertebrale che aveva subito: “Il fatto di aver voluto morire sotto i ferri (e non solo)». Infine, la sofferenza dopo essere stato respinto da una compagna di corso: «Ogni giorno che passa sembra che divento sempre meno amato, ma che ci posso fare? Non è colpa mia se nessuna mi ama!”.

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