A dare una stima della perdita subita dal settore della ristorazione a causa delle restrizioni anti-Covid è il Cna Piemonte. Secondo lo studio i ristoranti chiuderanno il 2020 con il 60% di ricavi in meno rispetto al 2019.
Mentre il governo lavora al nuovo Dpcm e studia nuove strette da applicare – a livello nazionale, regionale o locale -, i conti in tasca al settore della ristorazione si fanno sempre più preoccupanti. Lo si era già capito dalle proteste di baristi e titolari di ristoranti, dalle piazze piene, terrorizzate dall’ammontare della perdita e dalla pochezza delle misure compensative messe a disposizione dal governo. Ora anche i dati delineano un quadro nero: i ristoranti rischiano di chiudere il 2020 con il 60% di ricavi in meno rispetto al 2019. A fornire la stima delle perdite, il Cna Piemonte dopo le nuove misure del governo per tentare di bloccare la pandemia. Ci pensa Giovanni Genovesio, presidente regionale di Cna Agroalimentare, a spiegare cosa voglia dire la chiusura anticipata alle 18:00 e il peso di quel -60%: “Per la ristorazione l’ultimo Dpcm rappresenta di fatto un lockdown mascherato: la chiusura alle 18 azzera i ricavi di operatori che già avevano lamentato la fortissima riduzione del fatturato a pranzo e puntavano sulla cena per rientrare delle spese”.
Giovanni Genovesio prosegue ribadendo: è un accanimento illogico quello perpetrato dal Dpcm del 24 ottobre, i numeri dimostrano che la maggior parte dei contagi avviene altrove. “Peraltro è una decisione che pone il mondo della ristorazione nel ruolo di untore, quando i numeri dimostrano che non si tratta della fonte di aumento dei contagi che si sta verificando nelle ultime settimane. Ma noi paghiamo il conto“. Inoltre, secondo il presidente regionale di Cna Agroalimentare, risulta difficile spiegare la chiusura di alcune attività a dispetto di altre: “I pasticceri e i cioccolatai sono gli unici a chiudere quando invece gli altri venditori di generi alimentari sono aperti. Non ci sono spiegazioni razionali”.
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All’interno di questo quadro, molte sono le pressioni che il settore vorrebbe portare all’attenzione del governo, per scongiurare almeno la chiusura a Natale. Eppure, per alcuni quella del Natale rappresenta l’ultima illusione di riscatto: i prodotti da ricorrenza, panettoni e pandori, renderanno circa il 30% dell’anno scorso. “Pensare che il Natale possa
salvarci – osserva Genovesio – è una vera illusione. Le aziende programmano la produzione e la distribuzione dei prodotti in questo periodo e credo che con questo stop, anche i giochi per dicembre siano fatti. Ecco perché ci serve il tavolo permanente, per non cadere in una gestione emotiva e schizofrenica”.
Nuove misure all’orizzonte
Intanto proseguono le ipotesi sulle misure di contenimento contenute all’interno del nuovo Dpcm, che sarà firmato tra oggi e domani. L’idea sarebbe di evitare in tutti i modi un nuovo lockdown totale e nazionale, i cui effetti potrebbero essere distruttivi per l’economia del Paese. Una delle ipotesi, stando a quanto riportato dal Corriere, sarebbe allora di applicare la chiusura di bar e ristoranti anche a pranzo laddove l’indice di trasmissione arrivi a superare l’Rt 1,5. Insomma, la decisione potrebbe spettare ai singoli governatori, d’intesa con il governo. Le zone critiche sono Lombardia, Piemonte, Calabria, Campania, Veneto e Liguria. Le nuove misure arriveranno, tra l’altro, in un contesto già teso a livello sociale ed economico: da un lato l’accelerare della curva epidemiologica, dall’altro i nervi scoperti di settori in profonda crisi.
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Eppure, giunti a questo punto, il governo non può far altro che anticipare le manovre previste dalla tabella di marcia, secondo la quale si sarebbe dovuto aspettare due settimane dallo scorso Dpcm del 24 ottobre. Tra le ipotesi, anche il divieto di circolazione dopo una determinata ora, un coprifuoco che potrebbe esser applicato alle 20 o alle 21. Potrebbe tornare, quindi, la già tristemente nota autocertificazione in caso di spostamenti per “comprovate esigenze”.
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