Il centro Altamedica di Roma ha diffuso i suoi dati sull’ennesimo studio sull’incidenza del Covid nei luoghi al chiuso. Anche i bar e i teatri non sono catalogati come locali in cui la diffusione è a rischio.
Esistono luoghi al chiuso in cui c’è un rischio molto basso di contagio del Covid-19. E tra questi spiccano anche gran parte di quelli che sono stati chiusi o hanno subito una netta riduzione dell’orario di apertura. Stiamo parlando dei bar, dei ristoranti, dei cinema, dei teatri e delle palestre. Almeno questo è quanto è emerso da uno studio, condotto presso il centro Altamedica di Roma. Lo studio è stato poi sottoposto al Journal of Medical Virology per analizzare i dati che sono emersi. E quanto pare questi non hanno prodotto alcuna sorpresa.
Il direttore scientifico di Altamedica, Claudio Giorlandino, ha svelato i termini dello studio condotto dai suoi esperti. “Non lo sappiamo, non esistono mezzi scientifici – ha dichiarato – per conoscere dove ci si contagia di più, ma possiamo sapere quali siano i luoghi dove ci si contagia meno o affatto: palestre, bar, ristoranti, cinema e teatri“. Dunque da qui potrebbe emergere una ferma bocciatura nei confronti del Governo nazionale. Anche perchè la chiusura o la riduzione degli orari di queste attività hanno provocato una spaccatura nel Paese.
“Benché non sia possibile stabilire dove ci si contagi – ha proseguito Giorlandino – giacché i comportamenti, movimenti e contatti della popolazione siano estremamente vari ed i contagiati possano essere stati infettati in un numero indefinito di luoghi od occasioni anche contingenti od occasionali, è invece estremamente semplice verificare le sedi di frequentazione ed escludere quelle dove la popolazione dei positivi non si sia recata nei 10/15 giorni precedenti il riscontro del virus nel loro tratto respiratorio superiore“.
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Ma com’è possibile stabilire quali possono essere i luoghi al chiuso a più alto rischio di contagio da Covid? Il direttore scientifico di Altamedica fa capire che non vi è certezza nel poterlo stabilire. “Si tratta di valutare i luoghi definiti sensibili o a rischio di trasmissione e verificare, de facto, se i contagiati li avessero visitati, e con quale frequenza, nei 15 giorni precedenti il tampone positivo. I soggetti studiati sono tutti asintomatici. E per i soggetti asintomatici o paucisintomatici la letteratura scientifica ritiene che il virus nel tampone rinofaringeo duri al massimo 15 giorni“.
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Dunque, come ribadisce Giorlandino, “basta tornare indietro di 15 giorni e verificare se, in quel lasso di tempo, si sono frequentati certi ambienti o meno“. Ma di fronte a una situazione del genere, nel caso dovessero esserci delle conferme sullo studio condotto da Altamedica, potrebbe esserci una clamorosa marcia indietro. Proprio sulla base di un altro elemento che è emerso, questa volta dai bollettini ufficiali: ovvero il fatto che oltre il 90% dei nuovi casi sono asintomatici o paucisintomatici.
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