Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante il Question time alla Camera dei Deputati. Credit: Giuseppe Conte Facebook
Il premier Conte ha annunciato che l’Italia è entrata nello scenario 3 dell’emergenza coronavirus, ma cosa significa?
“Abbiamo uno scenario di tipo 3“. Con queste parole il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha descritto lo stato attuale dell’emergenza sanitaria in Italia durante il Question time alla Camera dei Deputati. Mentre nel Paese si registrano oltre 20 mila nuovi contagi di coronavirus al giorno, continuano le proteste per l’ultimo Dpcm varato dall’esecutivo. E il premier Conte torna a motivare le decisioni adottate con il nuovo provvedimento.
“Lo studio – ha spiegato il presidente del Consiglio – prevede possibilità di interruzione di alcune attività particolarmente a rischio, anche su base oraria, possibilità di lezioni scaglionate per la scuola, incremento dello smart working per decongestionare i trasporti. A tali misure si è attenuto il governo nell’adozione del Dpcm“.
Non solo. Stando alle parole di Conte, il governo si sarebbe confrontato con il Comitato tecnico scientifico (Cts) prima di varare il nuovo provvedimento. “Il governo, nella giornata di sabato (24 ottobre, ndr), ha inviato una bozza del Dpcm al Cts sollecitando un parere sul merito e il Cts, dopo ampia analisi – leggo testualmente – ‘ha condiviso i provvedimenti inseriti nel testo’“. Ma cosa significa essere entrati nello scenario 3? Cosa prevede? E cosa ci aspetta dopo?
I quattro scenari dell’emergenza coronavirus sono contenuti nel documento “Prevenzione e risposta a COVID-19”, pubblicato lo scorso 12 ottobre dal ministero della Salute, insieme all’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e ad altre istituzioni sanitarie. Si va dal meno al più grave.
Lo scenario 1 prevede una trasmissione localizzata del virus – i cosiddetti focolai – come quelli disseminati per il Paese tra luglio e agosto 2020. Lo scenario 2 è rappresentato da una situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa, ma ancora gestibile con il tracciamento dei positivi. Nel terzo – nel quale l’Italia si trova attualmente – la trasmissibilità del virus diventa sostenuta e diffusa, e aumenta la preoccupazione per la tenuta del sistema sanitario nel medio periodo. Infine nell’ultimo scenario, il quarto, una trasmissibilità completamente incontrollata potrebbe far collassare il sistema sanitario italiano nel breve periodo.
Nella descrizione dello scenario 3, all’interno del documento, viene specificato che si entra in questa fase quando i valori di contagiosità (Rt) regionali sono compresi tra 1,25 e 1,5 – e in effetti al momento il dato nazionale di Rt corrisponde a 1,5 – e quando “si riesca a limitare solo modestamente il potenziale di trasmissione di SARS-CoV-2 con misure di contenimento/mitigazione ordinarie e straordinarie”.
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Altri fattori che indicano che l’Italia si trova nello scenario 3 sono la crescita rapida dei nuovi casi, la mancata capacità di tenere traccia delle catene di trasmissione, i primi segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali in seguito all’aumento di casi ad elevata gravità clinica. “La crescita del numero di casi – è scritto ancora sul documento – potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 2-3 mesi“. Le aspettative fin qui appaiono decisamente cupe.
Ma c’è una speranza, ed è illustrata nel documento: “È però importante osservare che qualora l’epidemia dovesse diffondersi prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani), il margine di tempo entro cui intervenire si potrebbe allungare anche di molto“. Per avere più margine di azione, dunque, ed evitare misure restrittive troppo “punitive”, l’obiettivo principale è evitare che l’età media dei contagiati si rialzi.
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