L’Alto Adige è una regione a statuto speciale, con le sue autonomie. Per questo motivo i ristoratori non si attengono alle regole dell’ultimo Dpcm. Dall’Austria e dalle regioni vicine è boom di clienti.
Uno dei proverbi più antichi e che in Italia trova sempre la sua applicazione dice che “fatta la legge, trovato l’inganno“. È esattamente ciò che potremmo dire a proposito di un territorio del nostro Paese, in cui ci si rende conto all’improvviso di avere un grande privilegio. Stiamo parlando dell’Alto Adige, regione che sta sfruttando l’autonomia prevista dalla Costituzione. Tanto che da queste parti non si sta tenendo in considerazione quanto è previsto dall’ultimo Dpcm, esposto e firmato dal premier Conte nella convulsa giornata di domenica.
I ristoranti e le altre attività presenti in Alto Adige non sembrano attenersi alle ultime restrizioni imposte dal Governo. Da queste parti si sostiene in maniera forte la propria autonomia rispetto alla quasi totalità del territorio italiano. Così i locali pubblici, i ristoranti e le altre attività non stanno seguendo l’orario di chiusura previsto entro le 18, come previsto dal Dpcm della scorsa settimana. E questa situazione sembra quasi incoraggiare gli abitanti delle regioni e delle nazioni limitrofe ad approfittare di una situazione non considerata dal Governo centrale.
Come ad esempio la storia di Raffaella e Andrea Avesani, i quali si sono mossi da Verona per poter celebrare il loro anniversario di matrimonio. Hanno raggiunto Bolzano e si sono accomodati al ristorante, ancora aperto perchè l’autonomia dell’Alto Adige consente di farlo. “Vent’anni di matrimonio: anniversario al ristorante e tante grazie all’autonomia sudtirolese – hanno scritto sui social – . Potrebbe essere l’ultima occasione per uscire prima di un altro lockdown. In un tempo così spaventoso, due ore di viaggio per una sera di vita normale non sono buttate“.
Ma non ci sono solo pareri carichi di entusiasmo, di fronte alla possibilità di fare una fuga all’insegna della libertà. Ci sono anche i cori di dissenso e di rabbia, da parte dei ristoratori delle regioni limitrofe. Loro, ovviamente, non possono aprire a cena per via dell’ultimo Dpcm declamato da Conte in diretta televisiva e streaming. Le proteste non si fanno mancare, si parla di concorrenza sleale per una serie di clienti che preferiscono fuggire in Alto Adige. Un vero e proprio sfogo all’insegna della frustrazione per via di una nuova carenza di libertà e di lavoro.
Leggi anche -> Il ristorante della Camera prova ad aggirare la legge: sms per cenare dopo le 18
Leggi anche -> Il piano del Governo: più tamponi per ospedali militari e medici di base
Alfio Ghezzi, che lavora come chef in un ristorante di Rovereto, si pone al centro della disputa. Da una parte c’è la soddisfazione per poter continuare a lavorare senza doversi attenere al Dpcm. Ma dall’altra parte c’è il sostegno in favore dei colleghi e dei ristoratori costretti a chiudere. “Li capisco – dice – ma l’errore è aver chiuso altrove, non l’aver permesso di lavorare qui. L’emergenza sanitaria durerà mesi: non è sostenibile affrontarla distruggendo l’economia legata al cibo. Servono norme su misura, luogo per luogo. Io resto un cuoco: o posso farlo e non sono altro“.
Clicca qui e poi premi la stellina (Segui) per ricevere tantissime novità gratis da MeteoWeek
E c’è anche chi, come Andrea Fenoglio, si sente quasi a disagio per la situazione che sta vivendo, seppur a suo vantaggio. Lo chef del ristorante Sissi di Merano, infatti, non sembra molto contento all’idea di essere invidiato, solamente perchè può ancora svolgere il suo lavoro. “La tristezza è sentirsi privilegiati perché si può lavorare. Fatico a capire la differenza tra qui e Matera, quanto a sicurezza in un ristorante. Il punto è far rispettare i protocolli e se uno sgarra chiude. Nelle regioni del turismo invernale i locali non vivono di pranzi di lavoro: se togli la cena, è finita. Resta questo spillone conficcato nelle cucine, cuore culturale della nazione“.