Mentre Milano fa i conti con molotov e manifestanti, in Lombardia le strette sembrano diventare ancora più drastiche a causa del rapido aumento dei contagi Covid. Domani sul tavolo del governatore Attilio Fontana ci sarà un provvedimento per blindare la regione.
La Lombardia asserragliata: da un lato i +3.570 contagi di ieri, di cui 2.023 in provincia di Milano; dall’altro i malcontenti e i malumori per le misure già introdotte dal governatore e dal governo. Alle città che hanno vissuto momenti di tensione e mobilitazione collettiva, a Napoli, Roma, Torino, si aggiunge anche Milano, con alcune centinaia di persone che hanno dato vita a una manifestazione non autorizzata contro i provvedimenti per il contenimento del coronavirus. Sono 28 le persone accompagnate in questura. Eppure il contagio corre, e la regione sta già studiando un nuovo lockdown totale, che arriverà domani sul tavolo del governatore, stando a quanto riportato dal Messaggero. L’ipotesi è di blindare la Lombardia. Non sono bastate, quindi, le misure già drastiche introdotte fino ad ora (coprifuoco dalle undici di sera alle cinque del mattino, Dad per le superiori, centri commerciali chiusi nei fine settimana). Si lavora da giorni, allora, al nuovo documento, attraverso incontri con organizzazioni di categoria, tra cui Assolombarda. Il provvedimento, infatti, prevede la chiusura delle attività ritenute non essenziali. Si lavora allora a stabilire quale attività possa continuare a lavorare, a schivare un incontro diretto con il lockdown totale. Chiunque rientrerà nelle attività non essenziali, invece, sarà costretto a rimanere a casa.
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Una decisione drastica, per una condizione drastica: la situazione a livello sanitario è ormai (e già) arrivata al limite. Dal reparto di Pneumologia del Sacco l’allarme: “In ventiquattr’ore abbiamo esaurito i posti letto. Siamo di fronte a un quadro che si fa via più allarmante”. A commentare la situazione è anche il direttore del reparto Malattie infettive del Sacco Massimo Galli: “La situazione è in netto peggioramento. Forse più rapidamente di quanto i meno ottimisti di noi, i meno riduzionisti, potevano pensare. Servono, presto, interventi davvero efficaci. Stiamo di nuovo lavorando, in ospedale, a ritmi molto serrati. Purtroppo, visti i trend, era prevedibile. Ora però bisogna muoversi e fare tutto il possibile per invertire la tendenza. La situazione si sta facendo veramente difficile, specie a Milano. Chi può non esca e limiti i contatti sociali allo stretto indispensabile. Salvaguardiamo gli anziani da Covid-19″. Parole che sembrano far ripiombare la regione a qualche mese fa. Insomma, la Lombardia sarebbe di nuovo una zona rossa, Milano il focolaio. Un peggioramento di una condizione sorvegliata da giorni: solo una settimana fa il sindaco Giuseppe Sala aveva intenzione di blindare la città decretandola zona rossa. Il provvedimento, tuttavia, non è andato a buon fine. Il motivo? Di certo non un rientro dell’emergenza. Piuttosto, l’intenzione di aspettare il decreto della regione.
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Ora il lockdown totale sarà applicato su tutto il territorio lombardo, un territorio che non ha mai smesso di leccarsi le ferite legate alla prima ondata, e che già aveva accolto con dissenso le recenti strette imposte. Proprio ieri, infatti, ristoratori, gestori di attività, hanno manifestato nei pressi della prefettura di Milano. A motivare il malcontento, dei semplici dati: il rapporto di Assolombarda sottolinea come tra aprile e giugno 2020 in Lombardia ci siano state 210mila assunzioni in meno rispetto al giugno 2019. Dall’altro lato, l’allarme in ambito sanitario è chiaro: il sistema è al collasso. Ancora una volta la Lombardia dovrà decidere cosa scegliere tra la fame e la malattia. Chi sa che non sia un’anticipazione di quanto accadrà in tutta Italia.
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