Il nuovo Dpcm continua a far discutere: secondo Matteo Renzi chiudere le attività significa aumentare la disoccupazione.
“Chiudendo ristoranti alle 18 e chiudendo i luoghi della cultura non diminuiscono i contagiati: aumentano solo i disoccupati”. A scriverlo in un post sulla sua pagina Facebook ufficiale è Matteo Renzi, leader di Italia viva, a proposito delle misure contenute nel nuovo Dpcm firmato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. I nuovi provvedimenti contro la diffusione del coronavirus, infatti, prevedono la chiusura anticipata di bar e ristoranti alle ore 18. Una regola che di fatto abbatte i guadagni di quelle attività che lavorano principalmente negli orari serali e notturni.
Continua il messaggio di Renzi: “Leggo polemiche sulla nostra semplice richiesta al Premier di rivedere il DPCM. Chiedere di riflettere su basi scientifiche e non su emozioni passeggere è un atto di responsabilità contro la superficialità. E a chi ci chiede: dite queste cose al tavolo di maggioranza ricordo che stiamo aspettando da oltre un mese il tavolo politico che abbiamo chiesto e che sarà convocato dopo gli Stati Generali dei Cinque Stelle”, scrive contribuendo all’instabilità della maggioranza.
Il senatore fiorentino ha poi parlato del caos scuola, e ha sollevato ancora una volta il tema più delicato per l’equilibrio del governo: l’utilizzo del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità. “I professori e gli studenti sono bravissimi ma la scuola sta pagando la mancanza di organizzazione, dai trasporti alla mancanza dei tamponi rapidi. Servono i test, non i banchi a rotelle. E servono i soldi del Mes: continuare a dire NO al Mes in questa fase non è ideologia ma è puro masochismo“, continua Renzi.
“Chiedere di organizzarsi meglio – aggiunge ancora – non è lesa maestà ma buon senso. Siamo in maggioranza ma non siamo mai stati e mai saremo Yes Man. E poi confesso che ci sono abituato: anche ad aprile dicevamo cose scomode che poi però si sono rivelate vere. Prima ci insultano, poi ci ignorano, poi ci danno ragione senza ammetterlo. I decreti vanno adottati su base scientifica, non su emozioni passeggere. La situazione sanitaria è seria: la politica deve essere all’altezza”.
Al di là delle fazioni politiche, il problema sollevato da Renzi è reale e ormai preoccupa la maggior parte degli italiani. La crisi sanitaria sta facendo sprofondare il Paese in una dura crisi economica e migliaia di imprenditori non riescono più a sopportare quelli che il premier Conte continua a definire nelle sue conferenze stampa “ulteriori sacrifici”. Lo hanno confermato i ristoratori di Roma intervistati da Meteoweek, dichiarando che la chiusura anticipata porterà i titolari delle attività a mettere altri dipendenti in Cassa integrazione. Ma lo confermano anche i dati diffusi dall’Istat.
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La perdita del lavoro continua a crescere, infatti, così come la curva dei contagi da coronavirus. Stando all’ultimo report dell’Istat, nel giro di tre mesi sono stati persi 470 mila posti di lavoro. Solamente nel secondo trimestre del 2020 – dunque il periodo che va da inizio aprile a fine giugno – il mercato dell’occupazione ha subìto un calo del 2 per cento. Il dato, secondo quanto rilevato dall’istituto di statistica, è dovuto soprattutto alla diminuzione dei dipendenti a termine e degli indipendenti. Condizioni contrattuali difficili da rispettare durante la pandemia.
Facendo il paragone con l’anno scorso – quindi il secondo trimestre del 2019 – il calo degli occupati è pari a quasi un milione. Per la precisione sono 841 mila le unità in meno, che equivale a -3,6 punti percentuali. Tra i nuovi disoccupati risultano 677 mila ex dipendenti a termine, che comportano un calo del 21,6 per cento, e 219 mila ex lavoratori indipendenti, che comportano un calo del 4,1 per cento. In contrapposizione, invece, il dato in – lieve – crescita dei dipendenti a tempo indeterminato, aumentati su base tendenziale di 55 mila unità, cioè dello 0,4 per cento.
Un altro dato rilevato dall’Istat è l’abbassamento del tasso di disoccupazione, sceso nel secondo trimestre 2020 all’8,3 per cento. Nonostante i numeri siano dovuti al fatto che nel periodo analizzato era in vigore il blocco dei licenziamenti, si è verificato un calo di 0,9 punti rispetto al primo trimestre e di due punti rispetto al secondo trimestre dell’anno scorso (2019). Potrebbe sembrare un dato positivo, ma in realtà è legato all’aumento dell’inattività. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni sono aumentati di 5,5 punti percentuali rispetto al primo trimestre e di 10 punti rispetto all’ultimo trimestre del 2019, raggiungendo la quota di 14 milioni e 183 mila unità. I disoccupati del secondo trimestre 2020 sono poco più di 2 milioni, con un tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni che è sceso al 57,6 per cento.
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