Troppi contagi, troppo poco personale e strumenti: la miscela di questi due fattori sta portando le regioni a voler abbandonare parte del lavoro di contact tracing. La lettera dei governatori al ministro Speranza spiega: “Impossibile tracciare tutti, servono delle priorità”. Per gli asintomatici spunta quindi una nuova proposta: test solo dopo dieci giorni di isolamento e app per sorvegliare i pazienti.
Il sistema sanitario è di nuovo in crisi. In crisi i Pronto soccorso, in crisi i reparti Covid, in crisi l’opera di contact tracing che sfugge sempre più dalle mani, tanto da spingere le regioni ad avanzare una proposta, una nuova regola da introdurre nel trattamento degli asintomatici. Con i casi in rapida crescita e il personale che non è stato rafforzato durante l’estate, i conti sono presto fatti: i dipartimenti di prevenzione delle Asl si affannano a cercare di condurre le indagini epidemiologiche per tracciare la catena dei contagi, e ormai in alcuni casi questa operazione inizia a diventare impossibile. Difficile contattare tutti i positivi, sottoporli al questionario per ricostruire i recenti spostamenti e avvisare le persone con cui sono entrati in contatto, impossibile farlo con gli strumenti a disposizione. Da qui la richiesta delle regioni al ministro della Salute Roberto Speranza. A spiegare i contenuti della proposta è Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna e presidente della conferenza delle Regioni, con Luca Zaia del Veneto, che però ribadisce: non è una novità da introdurre ovunque, ma solo laddove il tracciamento dei casi risulti ormai inattuabile.
“Laddove risulti impossibile il completo contact tracing le Regioni potranno, attraverso i dipartimenti di sanità pubblica, riorganizzare le attività di tracciamento e screening individuando specifiche priorità di intervento tempestivo”. Si scrive “priorità di intervento tempestivo”, si legge “isolamento dei famigliari del positivo”. Se i membri del nucleo famigliare “dovessero risultare sintomatici, si dovrà eseguire il tampone rapido antigenico o quello molecolare mentre nel caso permanessero asintomatici il tampone rapido o quello molecolare si eseguirà allo scadere del decimo giorno di isolamento“. Per quanto riguarda i contatti stretti asintomatici, una volta provveduto all’isolamento, “non sarà effettuato il tampone, tranne in casi particolari valutati dai servizi di sanità pubblica”. Il pensiero va subito ai compagni di classe degli alunni infettati. Dalle regioni viene però ribadito: il principio generale è quello di voler continuare a testare gli asintomatici.
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La proposta in questione sarebbe dunque uno strappo alla regola ufficializzato, una pratica che avviene già, laddove risulti materialmente impossibile completare l’opera di tracciamento. A riassumere il tutto è anche il governatore del Veneto Zaia durante il vertice tra enti locali e il ministro Boccia: “È necessario modificare il piano di Sanità pubblica i tamponi vanno fatti solo a conviventi e sintomatici. I medici di base devono assolutamente essere a disposizione e dare una mano”. Poi la proposta di una modifica alla sorveglianza attiva di chi è in isolamento. “Quella con la telefonata a casa sarà garantita per i soggetti più fragili, mentre per i casi valutati ad hoc, potrà essere resa possibile tramite app”.
Cosa ne pensa Roma?
Si tratta, tuttavia, di richieste che difficilmente otterranno l’approvazione di Roma: la possibilità di modificare le priorità viene esercitata, giornalmente, dai medici del dipartimento di prevenzione, che già adesso decidono quanto e come distribuire l’opera di contact tracing in base allo stato di stress a cui sono sottoposte le strutture. Roma potrebbe non far passare la proposta, a questo punto, perché quanto richiesto avviene già e non ha bisogno di esser regolamentato in maniera ufficiale. A questo si aggiunge un altro fattore: il governo si sta già impegnando ad iniettare qualche risorsa in più nelle operazioni di contact tracing, attraverso l’assunzione di 2.000 persone con un bando della Protezione civile. Inoltre, Roma avrebbe di recente chiuso un accordo con i medici di famiglia: l’idea è di coinvolgerli nell’opera di tracciamento e negli esami, consentendo loro di fare i tamponi rapidi all’interno dei loro studi in cambio di 10-12 euro ad esame. L’adesione al progetto resta tuttavia volontaria.
Crisanti: “Questa proposta è una catastrofe annunciata”
A commentare la proposta è allora Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova, grande sostenitore dell’importanza di un tracciamento tout court. Già in data 26 giugno aveva ribadito l’importanza di individuare gli asintomatici: sono la maggioranza e trasmettono il virus, è lì che si gioca la vera partita. In un’intervista al Corriere della Sera aveva infatti affermato: “Lo studio che sto conducendo a Vo’ Euganeo, primo focolaio del Veneto, rivela che l’80% dei 3.300 abitanti ha sviluppato gli anticorpi al Covid-19. Ma 63 sono risultati negativi a tutte e tre le tornate di tamponi effettuate, quindi si sono infettati prima del 21 febbraio, giorno in cui sono stati diagnosticati i due casi iniziali. E allora, se il virus circolava già da fine gennaio ma nessuno ne accusava i sintomi, chi ce lo ha portato?”.
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Ora, allarmato da questa nuova china del contact tracing, afferma: “Escludere gli asintomatici dal tracciamento è una catastrofe annunciata. Sono irresponsabili. La vera lotta contro il virus è una lotta contro chi lo trasmette. Dopo decine di pubblicazioni sulle riviste scientifiche internazionali, rimango stupito quando ancora qualcuno ha il coraggio di sostenere che gli asintomatici non siano un problema”. E allora, di nuovo, tornano quelle due parole che gli esperti raccomandano da sempre e che tuttavia riusciamo ad applicare solo quando il mare sembra calmo: “tracciamento e della prevenzione, queste sono le parole d’ordine. Tutti i programmi che hanno avuto successo nel contrasto del virus erano basati sul tracciamento degli asintomatici. La Cina ha fatto 9 milioni di tamponi, per prendere gli asintomatici. E oggi parliamo di modello-Wuhan. Il differente andamento dell’epidemia in Veneto, durante la prima ondata, è dovuto al fatto che abbiamo cercato gli asintomatici”.