Perché la morte, o ciò che c’è dopo, fa così paura? Perché chi ama Dio non teme quel baratro che si potrebbe spalancare dopo? Direbbe Pietro: solo Gesù ha “parole di vita eterna”. Quelle parole che, come un antidoto, ci proteggono dalla morte dell’anima.
S. Antonio M. Claret (mf); S. Luigi Guanella
29.a del Tempo Ordinario
Andremo con gioia alla casa del Signore
Ef 4,7-16; Sal 121; Lc 13,1-9
Cristo è il capo: da lui tutto il corpo cresce.
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 4,7-16
Fratelli, a ciascuno di noi, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose.
Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all’errore. Al contrario, agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità.
Parola di Dio.
R: Andremo con gioia alla casa del Signore.
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme! R.
Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore. R.
Secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide. R.
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
+ Dal Vangelo secondo Luca 13,1-9
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Parola del Signore.
Gesù in questo Vangelo è da una parte più duro e dall’altra mostra la sua misericordia: davanti a eventi che fanno pensare ad una punizione divina, Gesù non si esprime dicendo gli sventurati che sono incorsi in quel danno fossero stati più peccatori dei presenti.
Piuttosto, se non ci si converte fino al termine della vita, l’esito è quello di una morte che non ha a che fare con quella corporale.
Ci si è mai chiesti a fondo perché la morte faccia così paura? Si ha paura di quell’attimo ineluttabile, o di cosa c’è dopo? E ancora, perché chi ama e soprattutto chi ama Dio non teme quel baratro che si potrebbe spalancare dopo? Perché, direbbe Pietro, Gesù ha “parola di vita eterna”. Quelle parole che, come un antidoto, ci proteggono dalla morte dell’anima.
Nella Parabola del fico sterile Gesù aggiunge un altro elemento: Egli è sempre paziente con noi, e ci aspetta fino alla fine prefissata dei nostri giorni per avere frutti di vita eterna, che Dio e il prossimo possano cogliere.
Se questi frutti non dovessero esserci, e la nostra volontà perversa non si decidesse a cambiare rotta, allora varrebbe la frase iniziale del Vangelo: “se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. Cosa fare, dunque?
Si può partire dall’ascolto, dall’ascolto della Parola di Dio. Che ci dice: “non ritornerà a me a vuoto, senza avere compiuto ciò che desidero e realizzato pienamente ciò per cui l’ho mandata” (Is 5,11).
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