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Cronaca

Rischio terremoti derivante dalle acque sotterranee: i risultati della ricerca

Ancora rischio terremoto in Abruzzo. Lo sostiene uno studio frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e il Consiglio Nazionale delle Ricerche.

I ricercatori del Dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza hanno collaborato assieme all’istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e al Consiglio Nazionale delle Ricerche dando vita ad una ricerca dalla quale emerge il rischio di terremoto in Abruzzo. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, rappresentano uno dei precursori sismici nelle acque. I ricercatori hanno monitorato per cinque anni il livello di una falda acquifera a Popoli, in Abruzzo, dove hanno osservato, oltre ai segni lasciati da eventi sismici avvenuti nelle immediate vicinanze, un comportamento anomalo delle acque, il cui motore scatenante era dall’altra parte della Terra. Sono state identificate 18 forti oscillazioni come risposta “impulsiva” delle acque sotterranee ai terremoti di magnitudo superiore a 6.5 avvenuti in tutto il mondo, anche a oltre 18.000 chilometri di distanza dal sito di osservazione.


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A spiegare i risultati della ricerca è Carlo Doglioni presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia: “Dall’indagine idrogeologica e sismica è emerso che le onde sismiche responsabili delle perturbazioni sono le onde di Rayleigh che viaggiano sulla superficie terrestre, raggiungendo enormi distanze. Ora che abbiamo individuato le perturbazioni causate dai terremoti lontani abbiamo uno strumento in più per distinguerle dai segnali precursori indotti dai sismi vicini.


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Un’altra spiegazione inerente ai dati ottenuti dallo studio, arriva da Marco Petitta del Dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza: “La natura degli acquiferi gioca un ruolo sicuramente fondamentale nella risposta delle acque all’attività sismica. Contrariamente a quanto avviene per gli acquiferi porosi, gli acquiferi carbonatici intensamente fratturati, come quello da noi monitorato in Abruzzo, si rivelano molto più sensibili agli eventi deformativi. Proprio questo aspetto diventa essenziale nell’identificare un sito idrosensibile alla sismicità”.

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