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Politica

Bertolaso contro Arcuri: “Che ne sa lui di tamponi? Lì ce l’hanno messo”

Guido Bertolaso si è scagliato contro il commissario straordinario Domenico Arcuri durante Quarta Repubblica, su Rete 4.

Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile, durante la trasmissione Quarta Repubblica, su Rete 4. Credit: Rete 4 Video

Parole forti contro il commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri. A pronunciarle è l’ex capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, durante la trasmissione Quarta Repubblica, su Rete 4. Bertolaso ha definito la pandemia del coronavirus la più drammatica e difficile emergenza della storia della Repubblica Italiana”, anche peggiore di quelle affrontate da lui tra il 2001 e il 2010, e ha sottolineato che per gestirla dovrebbero esserci persone competenti in materia.

Bertolaso contro Arcuri

“Non stiamo in una situazione ordinaria, non stiamo parlando di un investimento, di un’attività produttiva delle quali Arcuri probabilmente è bravissimo”, ha detto l’ex capo della Protezione Civile. E ha continuato: “Stiamo parlando della nostra vita. Stiamo parlando del futuro dei nostri giovani. Stiamo parlando del futuro del nostro Paese. Un’emergenza come questa, che è la più drammatica e difficile emergenza della storia della Repubblica Italiana, va gestita da gente che conosca il proprio mestiere, che sappia guardare oltre, che vada oltre i confini della burocrazia e della normale amministrazione“. 

A questo punto il conduttore della trasmissione, Nicola Porro, ha chiesto chiaramente se Arcuri non lo avesse fatto. La risposta di Bertolaso è stata netta: Ma Arcuri lì ce l’hanno messo. È come se lei mi mette all’Agenzia delle Entrate e mi dice ‘Bertolaso sistema l’Irpef’. Io non so manco che cos’è l’Irpef. E lo stesso Arcuri: che ne sa Arcuri di ventilatori, di tamponi, di vaccini anti influenzali?”. Lo ha incalzato dunque il giornalista: “Ma lei che ne sapeva, per esempio, di terremoti?”, facendo riferimento al terremoto de L’Aquila, avvenuto nel 2009, quando Bertolaso era a capo della Protezione Civile.

Per rispondere Bertolaso ha raccontato un’aneddoto della sua adolescenza, ricordando di quando durante l’estate veniva mandato in collegio all’abbazia di Farfa per recuperare i brutti voti presi a scuola. “Eravamo circondati da colline bellissime che d’estate andavano a fuoco, e io organizzavo le squadre anti incendio. Questo succedeva quando avevo 14 anni, evidentemente era nel mio Dna quello di occuparmi di emergenze di ogni tipo”, ha detto.

Una questione di genere

Secondo l’ex capo della Protezione Civile, uno dei problemi della gestione della pandemia sarebbe l’assenza delle donne nelle posizioni di potere. “La ministra Lamorgese (dei Trasporti, ndr) ha capito l’antifona e si è messa da parte. E quindi abbiamo, guarda caso, tutti maschi che si occupano dell’emergenza. Nel Cts non c’è neanche una femmina. Per parlare con una scienziata dobbiamo andare a Miami e mettere in mezzo la Ilaria Capua (studiosa del virus influenzali, ndr)”, ha detto.

E ha continuato: “Questo è anche un problema, tutto sommato, di genere, che secondo me è fondamentale. Perché le donne, in questa gestione dell’emergenza, potrebbero aver avuto un ruolo di equilibrio, di previsione, di organizzazione… si sa che sono molto più brave a organizzare dei maschi! Perché non sono state coinvolte per niente?”, ha chiesto retoricamente Bertolaso.

“Ora non ci sono medici nella Protezione Civile”

Anche su questo punto, Porro ha ribadito che sono ancora presenti nella Protezione Civile gli uomini scelti proprio da Bertolaso. E lui si è scagliato di nuovo contro il commissario straordinario: “Arcuri certo non l’ho chiamato io. Per quanto riguarda poi il Cts c’è Agostino Miozzo, e meno male che c’è lui, bisognerebbe accendere un cero ad Agostino Miozzo perché riesce a mettere insieme 28 scalmanati che probabilmente hanno spesso delle idee che sono completamente diverse e lui è quello che fa la sintesi. Ed è un altro medico, guarda caso. Ai tempi della Protezione Civile del primo decennio di questo millennio c’erano cinque medici all’interno della Protezione Civile. Oggi sa quanti medici ci sono dentro la Protezione Civile? Zero, perché Miozzo è andato in pensione l’altro ieri e non è stato sostituito”.

Lo studio televisivo diella trasmissione Quarta Repubblica, su Rete 4. Credit: Rete 4 Video

Le proposte di Bertolaso per tracciare il virus

Il discorso è poi virato specificatamente sulle misure da adottare in queste settimane, per evitare un nuovo lockdown generalizzato. Secondo Bertolaso bisognerebbe “organizzare un sistema di tamponi per tutti gli italiani” per tracciare il virus, permettendo ai centri che li eseguono di lavorare anche durante la notte. Inutile dare la colpa agli italiani, che “sono stati meravigliosi”, per l’ex capo della Protezione Civile le istituzioni hanno un problema di organizzazione che devono risolvere.

“Dico che dobbiamo fare i tamponi a tutti gli italiani, e con il mio amico Massimo Galli (responsabile del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, ndr) avevamo organizzato per la Lombardia nove milioni di test rapidi – questo succedeva alla fine di aprile – per andare a fare un’indagine epidemiologica che ci desse la fotografia di una situazione che nessuno riusciva a mettere sotto controllo. Allora se questo lo potevamo fare per nove milioni di lombardi credo che farlo per 60 milioni di italiani su base nazionale nell’arco di due/tre mesi non sarebbe impossibile, ha proposto.

No alla chiusura delle scuole

Infine Bertolaso si è schierato contro la chiusura delle scuole per arginare la diffusione del virus. Anzi, secondo lui andrebbero forniti gli studenti di “mezzi di trasporto dedicati, lo sto dicendo ormai da un mese”. Dunque ha dichiarato che il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, avrebbe sbagliato a chiudere gli istituti nella sua Regione.

E ha sollevato il problema dell’assenza di computer in alcune famiglie per seguire la didattica a distanza. (De Luca, ndr) Poteva fare tutto quello che voleva, ma le scuole non vanno chiuse. Noi dobbiamo dare ai nostri ragazzi la speranza di andare avanti, la certezza di avere un futuro, e li dobbiamo mettere in condizione di poter studiare. Questi ragazzi che adesso stanno a casa, quanti di loro hanno il computer per fare la didattica a distanza? Hanno messo in piedi degli incentivi? Hanno messo incentivi per le biciclette elettriche, per le macchine elettriche, e non per i computer per i ragazzi per poter fare la didattica a distanza? In Campania, quanti saranno su cento i ragazzi che possono fare la didattica a distanza da un computer con internet da casa loro?”.

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