Felice Maniero, storico capo della Mala del Brenta, ha ricostruito alcuni aspetti della sua vita in un memoriale. Il lungo documento è stato alla Corte d’appello di Brescia per il processo per maltrattamenti nei confronti dell’ex compagna.
Ben 83 pagine di memoriale in cui racconta una vita di ricchezze, sesso e tradimenti. Il documento è stato scritto nel carcere di Pescara, dove Felice Maniero è recluso dall’ottobre del 2019. Il capo della Mala del Brenta ha inviato lo scritto alla Corte d’Appello di Brescia. Il 7 dicembre, infatti, riprenderà il processo in cui è imputato per i maltrattamenti nei confronti Marta Bisello. La compagna storica ha denunciato di avere subito per anni botte e umiliazioni. L’ex criminale si difende e accusa la donna di averlo tradito.
Il memoriale di Felice Maniero
Il memoriale di Felice Maniero nega qualsiasi accusa di violenze nei confronti di Marta Bisello: “Nei 27 anni che abbiamo convissuto, avrà preso più o meno una decina di schiaffi, senza mai intenzione di farle male. Avendo fatto 5 anni di pugilato, quand’ero giovane, solo bilanciando il peso del corpo, con un solo schiaffo avrei potuto farle molto male; ammetto che nell’ultimo anno sono stato un po’ più severo con la P.O. (Parte Offesa, ovvero Marta Bisello), non certo per i motivi che afferma lei”, si legge.
Le violenze, secondo l’accusa, sarebbero iniziate nel 2016 a causa di alcune difficoltà finanziarie. Esse, oltre che fisiche, erano anche psicologiche. “Non avevamo i soldi per far studiare nostra figlia, per mandarla all’università”, dice il boss. “Avevamo pattuito che ambedue ci saremmo trovati un lavoro e separati non appena nostra figlia avesse conseguito nell’estate seguente la maturità. Quando mancano i soldi accadono fatti molto spiacevoli. Ho trovato la P.O. due volte mentre contava un pacco di fogli da 100 e 200 euro, sottratti dal posto dove li avevamo nascosti in camera di nostra figlia”.
E ancora: “Abbiamo sempre avuto problemi sessuali, credevo dipendesse dalla sua giovane età fra i due c’è una differenza di 15 anni poi ho pensato che la colpa potesse essere mia. Non sei tu, mi ha detto, sono io che sono asessuale. Vado in salotto e inserisco il termine asessuale nel computer: Persona a cui non piace fare sesso. Mi è venuta la pelle d’oca. Mi mentiva da 26 anni”.
I problemi finanziari, secondo Marta Bisello, erano causati dal fallimento società Anyaquae. Felice Maniero, tuttavia, non è della stessa idea. La fine delle sue ricchezze piuttosto sarebbe stata causata da qualcuno che voleva toglierlo di mezzo. In particolare, l’ex cognato Riccardo Di Cicco. In questa vicenda, secondo lui, proprio la compagna sarebbe coinvolta. Per un periodo ipotizza anche che i due potessero essere amanti.
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L’accusa di tradimento
Gli aspetti più inediti e interessanti del memoriale sono proprio quelli relativi al tradimento. Felice Maniero accusa la compagna di averlo tradito accordandosi con Riccardo Di Cicco, poi accusato di avere riciclato 33 miliardi di lire risparmiati dal cognato. 11 miliardi sono stati ritrovati, mentre la restante parte no. Il capo della Mala è convinto che Marta Bisello sappia dove si trovano.
Gli indizi che lo hanno portato a pensare ciò sono che la compagna non ha mai cercato lavoro nell’anno prima del suo arresto. Eppure, come spiega Felice Maniero nel memoriale, era abituata ad una vita da regina, con abiti e accessori di grandi marche. Perfino dopo l’evasione dal carcere di Padova nel 1994 la coppia aveva continuato a vivere nel lusso, fuggendo a Parigi e alloggiando in uno dei migliori alberghi al mondo, in una suite da ben 1 milione e 900 mila lire a notte. Il soggiorno durò circa una settimana: “Spesi 45 milioni di vecchie lire da Chanel, Cristian Dior e Yves Saint Laurent”, racconta. Successivamente si spostarono in Spagna e infine trovarono casa a Torino, dove vennero arrestati.
“Passiamo un mese e mezzo circa a Torino, io spesso andavo giù da solo in Veneto rimanendo due o tre giorni per poi tornare a Torino. La Criminalpol ci arresta a Torino. Chiamo il dirigente della Criminalpol e gli dico: ‘Ho intenzione di collaborare, lo faccio se voi rilasciate la mia compagna’. Lui mi dice: ‘Se mi dai il telefono di Pandolfo, ritenuto il più pericoloso dei miei uomini, domattina la rilasciamo’. Accetto l’offerta e il mattino dopo Marta Bisello viene rilasciata. Dopo 4-5 giorni Pandolfo viene arrestato”, racconta.
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Da lì, per Felice Maniero, inizia il declino. Il riciclaggio dei suoi risparmi, l’abbandono da parte della famiglia e il carcere. Un evento dopo l’altro causato, secondo lui, proprio da Marta Bisello. La donna lo avrebbe incastrato poiché in combutta proprio con l’ex cognato Riccardo Di Cicco.
“La P.O. (Marta Bisello, ndr) era più che consapevole di chi era lo scrivente già dal 1989 e poi con tutti i miei complici che ha frequentato … verso la fine del 1992 quando abbiamo iniziato a convivere non era certo la giovane fanciulla innocente o inesperta, circuita dal pericoloso criminale. Il sospetto di un accordo tra lei e Riccardo Di Cicco mi è venuto quando ho saputo dov’era, fatalità in Toscana…”.
I sospetti di Felice Maniero trovano conferma in una lettera della madre. Lucia Carrin, nella corrispondenza, gli domanda se sapesse che la compagna fosse in contatto con Il Bruto, ovvero proprio Federico De Cicco.