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Cronaca

Covid-19, vicesindaco di Azzano ricoverato a New York: il conto è salatissimo

Il vicesindaco di Azzano, Francesco Persico, ha contratto il Covid-19 mentre si trovava a New York. Dopo essere stato ricoverato in ospedale ha rischiato di dovere pagare un conto da 100 mila dollari.

Francesco Persico ha vissuto un vero e proprio incubo negli Stati Uniti. Il vicesindaco di Azzano San Paolo, comune in provincia di Bergamo, si trovava a New York per lavoro quando ha riscontrato i sintomi del Covid-19. La corsa in ospedale e diciassette giorni trascorsi in degenza. Il conto, se non avesse avuto l’assicurazione sanitaria fatta dall’azienda, sarebbe stato salatissimo.

La vicenda

La spiacevole avventura è accaduta otto mesi fa, all’inizio della pandemia. Francesco Persico, oltre ad essere vicesindaco, ricopriva il ruolo di elettricista per l’azienda Automazione 2001. Proprio per questa ragione il 28 febbraio era volato a New York con un collega e altri specialisti italiani del settore per occuparsi della costruzione di un grattacielo per la Despe demolizioni.

Dopo una settimana ho avuto la febbre, ma come per la classica influenza. Ho preso la tachipirina. Dopo 3-4 giorni non passava, avevo capogiri e mal di testa. Poi stavo benissimo e la domenica con i colleghi siamo andati a vedere la partita di basket“, ha raccontato il trentatreenne.

Quando la febbre è salita a 41°, tuttavia, Francesco Persico ha compreso la gravità della situazione. Poiché l’albergo non ha voluto mandare alcun medico, l’uomo ha chiamato il 911. Uno degli ultimi ricordi che ha il vicesindaco sono gli infermieri bardati, l’autoambulanza e la corsa all’ospedale Mount Sinai West.

Francesco Persico si definisce il “paziente zero” di quell’ospedale, che non aveva mai avuto casi di Covid-19. Il personale sanitario, per questa ragione, era abbastanza impreparato. “Da me – racconta – entravano protetti. Poi però, li vedevo dal vetro, si cambiavano in corridoio. Mi hanno trasferito in terapia intensiva, con la maschera facciale dell’ossigeno. Devo dire che ho ricevuto molte attenzioni, se penso alle immagini di Bergamo con i tutti quei pazienti tutti insieme perché non c’era posto“.

Il conto dell’ospedale

Le cure nell’ospedale di New York sarebbero costate molto care a Francesco Persico se l’azienda con cui è partito per lavoro non avesse fatto l’assicurazione sanitaria. La prima domanda che gli è stata posta alle dimissioni dal Mount Sinai West, il 25 marzo, infatti, è stata “Con cosa paga?”. Il conto sarebbe stato di ben 100 mila dollari.

Centomila dollari di ospedale – spiega – più 2.500 per gli 800 metri in ambulanza. Per fortuna, e ringrazio la mia azienda, ero assicurato ma in quel momento il timore era forte anche a casa, con il costo di 8.000 dollari al giorno in terapia intensiva“.

Eppure, quel conto, l’uomo ha rischiato davvero di pagarlo, nonostante l’assicurazione sanitaria: “Una clausola diceva che l’assicurazione non avrebbe pagato se l’Oms avesse dichiarato la pandemia globale. La mia fortuna è essere stato ricoverato prima“.

Il ritorno in Italia

Dopo le dimissioni dall’ospedale, il vicesindaco di Azzano San Paolo ha dovuto trascorrere la quarantena in hotel prima di potere tornare in Italia. Sette giorni in completa solitudine, senza che gli venisse fatto un tampone. Proprio in quei giorni, tuttavia, il Covid-19 stava iniziando a mettere in ginocchio anche gli Stati Uniti.

Sotto la porta della camera dell’albergo ci hanno infilato un biglietto con scritto che avremmo dovuto andarcene perché chiudevano. Ci siamo spostati e anche nel secondo albergo è successa la stessa cosa. Sono rientrato il 4 aprile, con un volo Alitalia per il rimpatrio dei connazionali. Rispetto a tante polemiche, non abbiamo nulla da imparare sulla serietà e capacità di gestire l’emergenza. Trump? Beh, alcune uscite come quella sulla candeggina…. Il fastidio più grande – rivela Francesco Persico è chi prende questo virus alla leggera, i negazionisti. Non ci sono passati, per forza. Ad Azzano in tre mesi abbiamo avuto cento morti“.

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Il ricordo più bello, tuttavia, è senza dubbio quello relativo al ricongiungimento con la sua famiglia: “Mia moglie si era trasferita dai genitori, ho rivisto la bimba due mesi dopo. E poi, io che ho la delega anche alla Protezione civile, non sopportavo l’idea di non poter essere in giro ad aiutare nell’emergenza. Sono riuscito a farmi fare il primo tampone il 15 aprile a Seriate, il secondo il 22 ad Albino. Ora fortunatamente è tutto finito e sto bene“.

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