Il tracciamento dei contatti dei positivi sta saltando. Con 47 mila nuovi infetti, nell’ultima settimana, i servizi epidemiologici delle varie Regioni non riescono più a ricostruire tutte le catene del contagio. Ci sarebbero, infatti, almeno 4mila contagi senza link, la situazione è fuori controllo.
Anche considerando solo 3 contatti stretti, dovrebbero trovare e isolare almeno 150 mila persone, impossibile. “Si osserva un forte aumento nel numero di nuovi casi fuori dalle catene di trasmissione noti. Questa settimana le Regioni hanno riportato 9.291 casi dove non si è trovato il link epidemiologico (la settimana precedente erano stati 4.041)”. Questo è scritto nel report di ieri della Cabina di regia del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità: testimonia che sono più che raddoppiati i positivi e che quindi non ha funzionato il tracciamento a ritroso. E questa statistica è riferita a una settimana fa, ma ad oggi con l’esplosione di nuovi casi, fino agli 8.804 di ieri, il contact tracing è sempre più un inseguimento senza speranza. Ad incidere, anche lo scarso utilizzo da parte degli italiani di Immuni, l’applicazione che può aiutare a individuare coloro che sono venuti a contatto con un positivo e che quindi potrebbero essere stati contagiati. Ma non è possibile dare la colpa solo ai cittadini: in Veneto le segnalazioni dei positivi non sono proprio state inviate e nel Lazio un cittadino, risultato positivo non è riuscito a trovare all’Asl qualcuno che comunicasse la notizia al sistema di alert. Sicuramente questa disorganizzazione non aiuta affatto.
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Inutili i paragoni con la Corea del Sud, dove i “detective del virus” locali possono attingere dai dati dello smartphone e della carta di credito per individuare all’istante gli spostamenti e i contatti . C’è una accelerazione decisa del numero di tamponi fatti, dunque della ricerca dei positivi, tanto che ieri si è sfiorata quota 160mila. I numeri dei contagi sono altissimi e superano i primi giorni di marzo in Italia.
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Giorgio Palù: “Facciamo i tamponi a chi è sintomatico”
Ma questo impegno massiccio di risorse, concentrate sui test, è davvero utile? Sulle decisioni prese dal governo per arginare i contagi la comunità scientifica si divide e c’è chi crede che a volte per inseguire gli asintomatici si fa attendere chi, con 38 di febbre, aspetta un tampone. Il professor Giorgio Palù, consulente per la sanità regionale del Veneto, past president delle Società italiana ed europea di virologia va controcorrente e non crede nel potere salvifico della moltiplicazione dei tamponi: “Quando si sostiene che bisogna fare 400 mila tamponi al giorno o testare 150 contatti di un positivo, ci dobbiamo chiedere: a cosa serve tutto questo? È razionale farlo all’inizio, come in Corea del Sud, o come stanno facendo ora i cinesi, che hanno pochi casi di importazione, o ancora in Nuova Zelanda. Quando hai pochi contagi, ha senso farlo, per bloccare subito l’epidemia. Ma se in Italia oggi il 95 per cento dei positivi è asintomatico, cosa vai a cercare? Ormai è impossibile trovare tutti. Non ha senso cercare mille aghi nel pagliaio. In altri termini: il tampone ha senso per il contenimento, ma in una fase in cui non stai contenendo, a cosa servono tutti questi test? Tenga conto che ormai siamo a una crescita esponenziale dei positivi. Pensiamo piuttosto a fare i tamponi a chi è sintomatico, cosa molto più importante. Il resto è irrazionale, poco scientifico e poco applicabile dal punto di vista operativo”. “Sia chiaro – aggiunge infine – il tampone molecolare dal punto di vista diagnostico è fondamentale, non vorrei essere equivocato. Ma in questa fase, come metodo di contenimento della pandemia, non è così utile, meglio il rapido”.