Secondo le stime diffuse da Coldiretti, la crisi dei ristoranti causata dall’emergenza sanitaria per il coronavirus vale 8 miliardi.
Otto miliardi. Questo il prezzo della crisi dei ristoranti causata dall’emergenza sanitaria, stando a quanto emerge da una analisi della Coldiretti – sulla base dei dati Ismea – sugli effetti della pandemia da coronavirus. Fin dall’inizio del precedente lockdown, durante lo scorso marzo, le attività di bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi hanno dovuto abbassare le serrande. E molti non le hanno più rialzate.
Ora, sette mesi più tardi, quando i titolari stavano provando lentamente a ripartire dopo un’estate senza turisti stranieri, la seconda ondata di coronavirus ha fatto preoccupare il governo giallorosso. E il nuovo Dpcm varato in questa settimana dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte punta di nuovo sulla chiusura anticipata di queste attività. Ristoranti e bar dovranno chiudere alle ore 24, ma dalle 21 sarà vietato consumare in piedi e all’esterno dei locali. Una sorta di coprifuoco per chi staziona fuori dalle attività commerciali. Quindi potranno continuare a servire i clienti solo i locali che abbiano tavoli, al chiuso o all’aperto, e comunque non oltre le 24.
Il crollo dei ristoranti ovviamente ha avuto un effetto negativo a cascata sull’agroalimentare nazionale, con una perdita di fatturato di oltre 8 miliardi per i mancati acquisti in cibi e bevande nel 2020. La spesa alimentare degli italiani è crollata drasticamente, visto il lungo periodo di quarantena in cui l’intero territorio nazionale è stato sottoposto.
Il calo più significativo lo hanno subìto, com’era prevedibile, gli acquisti extradomestici per colazioni, pranzi e cene fuori casa. Da una parte perché per circa due mesi 60 milioni di italiani sono rimasti in casa. Dall’altra perché anche quando il blocco totale è terminato, sono continuate misure come lo smartworking, che ha diminuito radicalmente o addirittura annullato le entrate delle attività presenti nelle zone di uffici, studi professionali e aziende. Gli impiegati, lavorando da casa, hanno smesso di pagare cornetto e cappuccino la mattina, o di acquistare un pasto leggero durante la pausa pranzo. Per questo tipo di spese è stimato un calo del 40 per cento su base annuale.
Si tratta di una drastica riduzione dell’attività che, sottolinea Coldiretti, pesa sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato.
In questo contesto è importante ma non sufficiente l’arrivo del bonus di filiera che stanzia 600 milioni di euro con un contributo a fondo perduto a favore di ristoranti e a agriturismi in difficoltà per l’acquisto di prodotti di filiere agricole ed alimentari, inclusi quelli vitivinicoli, anche Dop e Igp, valorizzando la materia prima del territorio. Una misura, viene sottolineato, fortemente sostenuta dalla Coldiretti prevista dal decreto legge agosto. Il contributo è riconosciuto a coloro che abbiano subìto un consistente calo del fatturato o dei corrispettivi nei mesi tra marzo e giugno 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019.
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