Torna a far discutere l’ipotesi della didattica a distanza: le Regioni la vorrebbero, ma Azzolina la esclude categoricamente.
Meno dell’1 per cento. Questa la percentuale degli studenti contagiati dal coronavirus nelle prime tre settimane dall’inizio della scuola. E con simili numeri, c’è chi parla di lasciare gli studenti a casa per fargli continuare quella didattica a distanza tanto criticata durante i mesi del lockdown.
Il dibattito si è aperto quando a metà pomeriggio di ieri, martedì 13 ottobre, alcuni governatori avevano chiesto in videoconferenza al presidente del Consiglio Giuseppe Conte il ritorno della didattica a distanza per le scuole superiori. La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina era stata lapidaria: “Non se ne parla”.
E ha confermato la sua decisione in serata, durante la trasmissione diMartedì, su La7, condotta da Giovanni Floris. “Mi spiace che qualcuno pensi che gli studenti e le studentesse italiane possano essere sacrificabili. È una questione di priorità. La scuola ha dato tanto negli scorsi mesi, quando sono state sospese le attività didattiche in presenza. Non eravamo pronti. Abbiamo lavorato tutta l’estate, io e tutta la comunità scolastica, dirigenti, personale Ata, docenti, per riportare gli studenti in presenza”, ha detto la ministra.
“Dall’asilo nido a chi deve fare gli esami di stato – ha continuato Azzolina – gli studenti hanno tutto il diritto di stare in classe. Ne sono felici, lo sto vedendo girando le scuole e facendo diverse visite. Vogliono stare in classe ed è giustissimo che ci stiano”. Certamente fintanto che i contagi restano sotto l’1 per cento generale. Stando ai numeri diffusi dal Miur e dall’Iss, infatti, tra gli studenti sono risultati positivi 2348 ragazzi, vale a dire lo 0,037 per cento di tutti gli studenti. Stesso discorso per i docenti (402 positivi, lo 0,059 per cento) e per il personale non docente (144 casi, lo 0,079 per cento).
“Questi – ha detto in proposito la ministra – sono i dati della terza settimana (dall’inizio della scuola, ndr). Noi stiamo ultimando il monitoraggio della quarta e le posso dire che il tendenziale è il medesimo. Sono poco in crescita, ma stiamo sempre parlando dello 0,0… Li daremo i prossimi giorni perché facciamo il consueto confronto con l’Istituto superiore di sanità come ministero dell’Istruzione. Con questi dati, io dovrei lasciare gli studenti a casa?”.
Il conduttore della trasmissione ha quindi tirato in ballo il delicato tema dei trasporti, in particolare a Roma. Negli ultimi giorni sono circolate diverse immagini, diffuse dai cittadini, di metro e stazioni stracolme. Per snellire la massa di persone che devono utilizzare i mezzi pubblici, dunque, Floris ha chiesto: togliendo dalla circolazione gli studenti la situazione non sarebbe migliore? Anche su questo Azzolina è stata categorica, ribadendo che al momento la scuola è il posto più sicuro per i ragazzi e che, se devono essere considerati veicolo del virus, non smetterebbero di esserlo nelle uscite pomeridiane o serali, sicuramente meno sicure dell’ingresso a scuola.
“Sa cosa succederebbe? La mattina non li manderemmo a scuola, gli faremmo fare la didattica a distanza, li priveremmo non soltanto di un diritto alla formazione e all’istruzione che è un diritto costituzionalmente sancito, li priveremmo anche di un concetto fondamentale, quello della socialità. Lei pensa che questi ragazzi di pomeriggio non andrebbero in giro privati della scuola?”, ha fatto notare Azzolina.
E ha aggiunto: “Che si viva una situazione complessa e che ci siano criticità sui trasporti è evidente, ma la soluzione non è mica lasciare gli studenti a casa. Abbiamo lavorato tutta l’estate, abbiamo fatto lavori sull’edilizia scolastica leggera, abbiamo messo 70 mila insegnanti in più, stiamo distribuendo gel e mascherine a tutti, stiamo comprando 2,4 milioni di banchi, e dovremmo lasciare gli studenti a casa perché in questo momento c’è un problema, una criticità sui trasporti? Si lavorerà sulla criticità, sui trasporti, si lavorerà tutti insieme, si troverà una soluzione, ma non di certo lasciare gli studenti a casa”, ha spiegato la ministra.
Insomma la scuola in questo momento, nella giornata di uno studente, è il momento più sicuro secondo la ministra dell’Istruzione. E basta conoscere minimamente i più giovani per capire che è così, e che quelle stesse precauzioni che sono obbligati a prendere all’interno degli ambienti scolastici non le prenderebbero al di fuori. Ma soprattutto che in questo modo vengono sensibilizzati a quello che sarà il futuro della pandemia, cioè la convivenza con il virus.
La criticità da risolvere il prima possibile resta la modalità familiare di gestione del coronavirus. Le tempistiche per i tamponi e la quarantena bloccano intere famiglie per troppi giorni. Per questo Azzolina ha chiesto, “come ministro dell’Istruzione, e penso che si stia andando in questa direzione, di fare test rapidi. Noi dobbiamo liberare le famiglie dalle quarantene, agire con più celerità“.
La priorità che il Governo sta dando all’istruzione in presenza è stata poi confermata dal ministro della Salute Roberto Speranza che, sempre a diMartedì, ha detto: “Lavoriamo perché le scuole possano continuare a funzionare in presenza. I giovani hanno pagato un prezzo enorme con la chiusura di scuole e università e ora dobbiamo provare ad alzare la soglia di attenzione”. Chiudere le scuole, ha sottolineato, “è stata la scelta più difficile“.
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