La Nuova Zelanda è riuscita a riportare sotto controllo il virus dopo una seconda impennata nei contagi: la gestione della nuova ondata potrebbe anche regalare la vittoria alle elezioni per la prima ministra Jacinda Ardern.
C’è chi è in piena seconda ondata, chi cerca di contenerne la portata, e chi già ne sta uscendo: quando ad agosto il virus è tornato ad Wellington, capitale della Nuova Zelanda e residenza di metà della popolazione del Paese, si registravano più o meno zero contagi da inizio giugno. La prima ministra Jacinda Ardern decise di annunciare in diretta televisiva il ricorso ad a un nuovo lockdown, anche piuttosto severo; il focolaio era scoppiato in un caseggiato popolare e i contatti andavano limitati al minimo. Il risultato è che ora sono passati, per la prima volta dall’inizio delle nuove restrizioni, dieci giorni senza nuovi contagi: «Il virus è di nuovo sotto controllo», ha dichiarato lunedì Ardern, che è ad un passo dalla rielezione alle elezioni di domenica. La sua gestione della pandemia — decisa, a volte dura ma “empatica” — le è valsa un appoggio sempre crescente da parte della popolazione, e le proiezioni sulle elezioni di domenica assegnano 60 seggi al al suo partito Laburista: uno in meno dei 61 necessari a governare da solo.
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Ma qual è la «ricetta» neozelandese per fronteggiare la pandemia? Settimane di lockdown totale alle prime avvisaglie di una recrudescenza, come è avvenuto durante questo agosto; ritorno alla vita normale, completamente, quando il pericolo sembra passato. «Vedo nel resto del mondo come funzionano le alternative, e non mi sembra ottimo», ha dichiarato Jacinda Ardern in una conferenza stampa lunedì, quando ha stimato attorno al «95 per cento» le possibilità che il Paese abbia eliminato la trasmissione del virus. «La nostra piccola squadra di cinque milioni di abitanti, un po’ affaticati questa volta, ha fatto quello che fanno sempre le nostre nazionali sportive: ha abbassato la testa e tirato avanti» ha dichiarato la prima ministra. Certo, con pochi abitanti in più della provincia di Roma e una densità abitativa comparabile a quella della Svezia, qualcuno obietterà che è facile tenere sotto controllo un’epidemia. Ma la risposta del pubblico — alunni delle scuole, esercenti, famiglie — è stata estremamente disciplinata; e la severità delle restrizioni è stata resa più efficace da un tracciamento pervasivo dei contagi (anche con una app governativa) e uno sforzo di moltiplicare i tamponi, oltre che da una chiusura quasi totale delle frontiere, aperte solo ai cittadini e a chi ha il permesso di soggiorno. Ma il modello è chiaro: si punta all’«eliminazione» del virus, come a Taiwan, in contrasto con Paesi come la Svezia che puntano invece all’«immunità di gregge». Entrambi gli approcci hanno solide basi scientifiche; che siano applicabili o no dipende da vari fattori, tra cui l’arrivo, prima o poi, di un vaccino.
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