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Cronaca

Storico Salone Margherita a Roma chiude i battenti

Sipario giù tra covid e pressioni Bankitalia che rivuole stabile. Il 30 settembre 2020 si sono spenti definitivamente i riflettori sul Salone Margherita, lo storico teatro di via Due Macelli per tanti anni noto come “il bagaglino”. La società Cinema teatrale Marino & C”, fondata nel 1920 dei fratelli Marino, da sempre società di gestione del Salone Margherita, restituisce l’immobile al suo storico proprietario, la Banca d’Italia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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“Non è davvero più possibile continuare in questo contesto”, spiega Nevio Schiavone, patron del Salone e titolare della società. “Alla continua pressione da parte dell’Istituto di via Nazionale che da 2 anni preme per riavere il teatro allo scopo di venderlo e quindi non ci ha concesso il rinnovo del contratto d’affitto, si è quest’anno aggiunta la tragedia della pandemia”. Troppo anche per chi negli ultimi sette anni ha saputo viaggiare al ritmo di circa 300 repliche l’anno. “Lasciamo nella consapevolezza che comunque Bankitalia, per ammissione stessa dei suoi dirigenti, manuterrà il teatro come un gioiello e lo farà vivere concedendolo alle produzioni con contratti transitori, in attesa di un acquirente che non si è ancora mai palesato pur se in vendita da oltre 10 anni. Anzi ci candidiamo sin da subito per poter continuare ad offrire ogni anno al nostro pubblico gli spettacoli ideati scritti e diretti dal maestro Pingitore”. Ed è proprio su questa ipotesi di mantenere viva l’attività dentro allo storico teatro che si inserisce il pensiero di Pingitore. “Sto lavorando sul nuovo spettacolo convinto come Nevio Schiavone che quando usciremo da questa brutta avventura del covid, presumibilmente nella primavera 2021, potremo tornare a calcare il palcoscenico del Salone. Il solo pensare che il “Margherita” possa non riaprire i battenti mi sembra inconcepibile. Sarebbe un’offesa grave alla cultura, allo spettacolo, alla sensibilità degli spettatori. Un’istituzione come la Banca d’Italia non può, e certamente non vorrà, chiudere in faccia al pubblico le porte di un luogo così caro ed amato, incastonato con il suo splendore architettonico e decorativo nel corpo vivo di Roma. Sarebbe grave, ripeto. Ma certamente non sarà. Non potrà esserlo”.

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