Quest’anno si è registrato un aumento del 10% di lavoratori più anziani. Al tempo stesso, però, è cresciuta anche la percentuale di assunzioni di operai e dipendenti più giovani.
Uno dei più grandi luoghi comuni in termini di occupazione potrebbe essere stato appena smentito. Stiamo parlando della coabitazione tra la grande presenza di lavoratori un po’ più anziani e l’assunzione di nuovi giovani dipendenti. Questo è quanto è emerso da una indagine condotta da Bankitalia, a fronte dei nuovi dati arrivati sul fronte dell’occupazione. In questi mesi si è registrato un aumento non previsto del 10% di lavoratori senior. Ma al tempo stesso si è registrato un incremento dell’occupazione giovanile pari all’1,8%. E nel frattempo anche i lavoratori più anziani sono aumentati dell’1,3%.
Questi dati si basano sugli anni successivi all’applicazione della riforma voluta dall’allora ministro Elsa Fornero. Alla base di questa credenza c’era un assunto: l’aumento dell’età pensionabile avrebbe bloccato l’ingresso di forza lavoro più giovane. A dire il vero, in base allo studio di Bankitalia, c’è un ragionamento più complesso da fare. A determinare gli effetti del posticipo dell’età di pensionamento ci sono tanti altri fattori. Tra questi spiccano i costi legati al reclutamento e alla formazione dei lavoratori, ma anche le caratteristiche del mercato del lavoro.
Il lavoro in questione porta la firma di Francesca Carta e Francesco D’Amuri, entrambi del Servizio Struttura economica di via Nazionale. Al loro fianco si è schierato anche Till von Watcher, dell’Università di California, Los Angeles e NBER. Sono stati loro ad analizzre i dati relativi ai dipendenti di oltre mille imprese con almeno cinquanta lavoratori. Sono diverse le fonti che sono state analizzate. Tra queste l’Indagine sulle imprese industriali e dei servizi di Bankitalia (Invind), i dati contributivi raccolti nei Casellari Inps dei lavoratori impiegati nel campione di aziende Invind nel decennio 2005-2015, i dati di bilancio di ognuna delle aziende monitorate registrati nella Centrale dei Bilanci.
Questo studio ha riguardato l’impatto della riforma in vigore sui ritiri degli impiegati anziani e le nuove assunzioni tra i giovani. Poi è avvenuto il confronto con le dinamiche delle aziende italiane tra il 2010 e il 2014. I risultati hanno portato poi a una nuova analisi, in vista della nuova riforma che porterà al superamento di Quota 100. A questo si aggiunge anche il fatto che tra il 2021 e il 2026 ci saranno altre forme di flessibilità. Per non dimenticare gli obiettivi dichiarati dal Governo nelle linee guida per il Piano italiano per la ripresa e la resilienza.
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Ma come abbiamo detto, la presenza di più lavoratori senior non riducono affatto le nuove assunzioni tra i giovani. Ma c’è di più, visto che aiutano il sostentamento del sistema previdenziale. In questo modo si capisce che le imprese traggono vantaggio dalla presenza di un numero maggiore di impiegati più grandi di età. Questi vengono eventualmente spostati in altri ambiti aziendali, in modo da aiutare nelle nuove assunzioni senza perdere nella qualità del lavoro. E in questo modo, complice anche un notevole abbassamento della presenza di forza lavoro, la situazione pensionistica potrebbe rischiare di avere gravi ripercussioni.
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