La storia del raddoppio dello stipendio è solo l’ultimo di una serie di episodi che hanno chiamato in causa l’attuale presidente dell’Inps.
Negli ultimi mesi Pasquale Tridico, economista e presidente dell’Inps è finito più volte sotto attacco e spesso nella bufera politica per le sue esternazioni, diciamo, non proprio felici. Tutto ebbe inizio in primavera, con il “click day” per i 600 euro agli autonomi e partite iva previsti dal decreto Cura Italia, con il sito dell’Istituto subito in tilt: in quell’occasione dovette intervenire il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, per placare gli animi e precisare che non ci sarebbe stato alcun click day. O meglio, a partire da quel giorno sarebbe stato possibile iniziare a presentare la domanda per avere il sussidio, in quanto, aggiunse Catalfo, “le risorse stanziate sono sufficienti a coprire l’intera platea dei beneficiari”. Superata in maniera non proprio brillante questa vicenda, ad aprile-maggio per Tridico se ne è aperta subito un’altra, quella cioè relativa ai ritardi della Cig, soprattutto di quella in deroga. Il presidente fu costretto a presentare dei report con cadenza settimanale per evidenziare lo stato dei pagamenti, andando perfino in Parlamento, dove criticare i ritardi c’era anche il premier Conte che ha chiesto pubblicamente scusa per la vicenda. Ad oggi, sono tutt’ora in attesa della Cig in deroga, circa 30mila lavoratori a fronte di 11milioni di prestazioni erogate.
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Tridico nella bufera
Per non parlare poi dei furbetti del bonus partita Iva relativo ai parlamentari. L’erogazione del bonus, assolutamente legale, era in ogni caso politicamente poco opportuna e seppur l’Inps si è limitata ad applicare la legge, Tridico non fece mai i nomi dei percettori del sussidio, non riuscendo comunque ad evitare una nuova ondata di polemiche e nuove richieste di dimissioni. Ciliegina sulla torta, il raddoppio dello stipendio passato da 62mila euro a 150mila euro, per effetto di un decreto interministeriale firmato dai ministri Catalfo e Gualtieri il 7 agosto 2020, che definisce la retribuzione lorda annua del presidente, vicepresidente e cda di Inps e Inail. Come precisato dal ministero del Lavoro, tale decreto porta a compimento un percorso avviato dal precedente governo per la determinazione dei compensi. Lo stesso premier Conte ha chiesto verifiche, al termine delle quali darà le sue valutazioni in merito.