Roma, feti seppelliti senza consenso con il nome della madre: la denuncia

A descrivere la sua vicenda è direttamente Marta Loi, una ragazza che ha deciso di farsi testimone della sua esperienza tramite un post su Facebook. Al centro della vicenda il cimitero Flaminio di Roma, la sepoltura del suo feto e il nome sulla croce, ma il nome di lei. 

roma cimitero feti - meteoweek.com

Si chiama Marta Loi, la ragazza che ha denunciato quella che ritiene una violazione della privacy operata nel più totale silenzio di una macchina burocratica che va, a volte, un po’ oltre. La ragazza, raccontando la sua esperienza su Facebook, avrebbe testimoniato le dinamiche che l’hanno condotta a ritrovare il suo nome (di lei) sulla tomba del feto legato alla sua interruzione di gravidanza, tomba presente nel cimitero Flaminio di Roma. In seguito all’interruzione di gravidanza, la donna racconta: le era stato chiesto se volesse disporre della sepoltura del feto. A quel punto, “risposi che non volevo procedere, per motivi miei, personali che non ero e non sono tenuta a precisare a nessuno. Avevo la mente confusa, non ho avuto la lucidità sufficiente per chiedere cosa succedesse al feto”. Dopo sette mesi, però, Marta ritira il referto istologico e pensa alle pagine di giornale sul cimitero dei feti. Per questo chiede a un’operatore della clinica che fine avesse fatto il feto, e dalla camera mortuaria le viene detto: “Signora noi li teniamo perché a volte i genitori ci ripensano. Stia tranquilla anche se lei non ha firmato per la sepoltura, il feto verrà comunque seppellito per beneficenza. Non si preoccupi avrà un suo posto con una sua croce e lo troverà con il suo nome“. A quel punto, dopo un primo momento di sconcerto, Marta si mette sulle tracce della regolamentazione e su Ama cimiteri capitolini scopre che il suo caso potrebbe esser inserito nel progetto “giardini degli angeli” 2012.


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Il testo cita: “In assenza di un Regolamento regionale, questo tipo di sepoltura è disciplinata dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 7 del D.P.R. 285/90 (Regolamento Nazionale di Polizia Mortuaria) che, in sintesi prevede che: i ‘prodotti del concepimento’ dalla 20^ alla 28^ settimana oppure i ‘feti’ oltre la 28^ settimana, vengono sepolti su richiesta dei familiari o, comunque, su disposizione della Asl”. Insomma, anche in assenza di consenso da parte delle madri, esiste un luogo in cui vengono accolti i “prodotti del concepimento”. In questi luoghi le fosse singole vengono contraddistinte da una croce sulla quale appare proprio il nome della madre. Secondo Marta Loi si tratterebbe di una procedura che viola la privacy di tutte le donne che hanno optato per l’interruzione di gravidanza. Poi ancora: “Potrei dilungarmi sulla rabbia e l’angoscia che mi ha provocato vedere che senza il mio consenso, altri abbiano seppellito mio figlio con una croce, simbolo cristiano, che non mi appartiene e con scritto il mio nome. No. Non lo faccio perché il disagio emotivo che mi ha travolto riguarda me e solo me”. Così accade per attuazione del regolamento della polizia mortuaria 1990, che rimanda al regio decreto del ’39, a cui si attiene Ama servizi cimiteriali. L’Ama, dal canto suo, prende le distanze e cerca di spiegare il perché della croce e del nome della madre: “La sepoltura avviene su input di ospedale e Asl. La croce è il segno tradizionalmente in uso in mancanza di diversa volontà. L’epigrafe, in assenza di un nome assegnato, deve riportare le indicazioni per individuare la sepoltura”.

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