Cesare Battisti, continua la protesta contro la sua condizione carceraria: “Ho avuto la vendetta dello Stato”, spiega ai familiari in una conversazione telefonica. “Se mi riducono al silenzio, i miei compagni qui e altrove sapranno adoperarsi”.
Cesare Battisti, l’estradato ex terrorista sulla cui testa pendono quattro ergastoli da dover scontare nel nostro Paese, aveva annunciato diversi giorni fa di aver dato il via a uno sciopero della fame. Si tratta di un provvedimento polemico, spiegava in una lettera scritta nella sua cella del carcere di Rossano (Cosenza), nei confronti di chi lo costringe a stare ancora in isolamento – una “pena del tutto illegittima“. E non si fermano le proteste dell’ex terrorista in merito alle condizioni carcerarie, ritenute da lui stesso troppo dure.
“Ammettendo le mie responsabilità pubblicamente e legalmente ho accettato il patto sociale, però in cambio ho avuto la vendetta dello Stato. Anche se dovessero ridurmi al silenzio, i compagni e gli amici qui e altrove sapranno adoperarsi come hanno sempre fatto pubblicamente”. Queste le sue parole registrare in un audio raccolto dai suoi familiari, e inviato poi al legale Davide Steccanella.
Secondo l’ex membro dei Proletari armati per il comunismo, il suo trattamento all’interno del carcere calabrese va oltre la condanna, e assume le sembianze di una punizione che sa di vendetta. “Oltre ad essere spiccatamente punitivo sotto tutti gli aspetti, il mio trasferimento (nel carcere calabrese, ndr) equivale ad una condanna all’isolamento ininterrotto con il rischio di finire nel reparto Isis. Mi è stato proibito il computer e materiale didattico, mi è stata applicata censura allegando fantasie eversive con lo scopo chiaro di impedire il mio interagire con istanze culturali e mediatiche”, si sente ancora in una conversazione telefonica registrata dai familiari.
E Battisti prosegue, ancora: “È evidente come le mie dichiarazioni sull’operato unicamente punitivo delle prigioni abbiano incomodato certe autorità i cui interessi non coincidono con il rispetto della legge e con principi di una democrazia sana. A causa dell’inasprito regime di prigionia – conclude – i miei contatti con l’esterno sono diventati incerti e manipolabili”.
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Già alcuni giorni fa, sempre attraverso una conversazione telefonica con i suoi familiari, Cesare Battisti aveva parlato della possibilità di essere trasferito nel reparto Isis. Una decisione, anche questa, che l’ex terrorista inquadra in un accanimento dello Stato nei suoi confronti. “Oggi volevano trasferirmi con i jihadisti e al mio rifiuto hanno minacciato di usare la forza“, esordisce Battisti nell’audio finito poi in mano al suo legale.
E prosegue: “Poi hanno deciso di avvisare prima il Ministero con una dichiarazione dove io ribadisco le minacce ricevute dall’Isis e da Al Qaeda nel 2004 e 2015 più il libro che ho in corso che tratta della Siria. Loro dicono di aver fatto ricerche in questo senso ma non risulta niente e intanto prenderò un altro rapporto disciplinare. Se poi il Ministero deciderà che devo andare con i jihadisti mi porteranno via con la forza. Dicono anche di avere – conclude – il famoso parere favorevole dell’antiterrorismo che dicono non esista, ma invece esiste”.
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