La Guardia di Finanza di Palermo ha eseguito una misura cautelare nei confronti di nove persone accusate di esser coinvolte nel traffico di hashish dalla Spagna. Quattro persone sono state arrestate a vario titolo per organizzazione e traffico di sostanze stupefacenti, aggravati dalla transnazionalità delle condotte.
Al centro delle indagini uno smercio di hashish proveniente dalla Spagna, rivolto direttamente al mercato palermitano. La misura cautelare è stata emessa dal Gip di Palermo e applicata dai militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo: riguarda nove persone, quattro delle quali arrestate, indagate a vario titolo per organizzazione e traffico di sostanze stupefacenti, aggravati dalla transnazionalità delle condotte. A coordinare l’indagine, il procuratore aggiunto Salvatore De Luca della Dda di Palermo. L’operazione, intitolata Pacco Regalo, avrebbe portato all’arresto in carcere di quattro persone, tra cui Alessandro Girgenti, 36 anni, Gerardo Romano, 32 anni. Ai domiciliari Filippo Miranda, 30 anni, e Giuseppe Lo Coco, 29 anni. Poi l’obbligo di dimora, disposto per: Paolo Taormina, 29 anni, Giovanni Ferrara, 31 anni, Antonio Buccafusca, 32 anni e Benedetta Altieri, 50 anni. Ma l’appello non sarebbe ancora al completo: si è ancora alla ricerca di una decima persona, probabilmente attualmente all’estero e implicata nelle vicende.
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Oltre a fare luce sui nomi degli artefici, l’indagine ha anche svelato il meccanismo collaudato per importare dalla Spagna dosi massicce di hashish. Stando a quanto emerso, le persone coinvolte nel traffico si recavano direttamente in Spagna, dove recuperavano la droga destinata allo smercio e la spedivano in Italia attraverso “pacchi regalo“. I pacchi venivano affidati a corrieri internazionali, ufficialmente indirizzati a persone inventate, ma in realtà diretti a una persona appositamente predisposta nel centro cittadino per ricevere le consegne. Una volta recuperato, il pacco veniva consegnato agli altri membri dell’organizzazione. Un sistema ormai ben oliato, che avrebbe permesso di importare oltre 180 kg di stupefacente, per un valore di mercato di circa 2 milioni di euro. A far nascere i primi dubbi per scoprire l’intero giro d’affari sarebbe stata una sospetta sproporzione tra i beni degli indagati e i loro guadagni ufficialmente dichiarati: i redditi, nell’ultimo decennio, ammontavano a 430mila euro, mentre gli acquisti a 1,2 milioni di euro. Ora, oltre alle misure cautelari, sarebbero scattati anche i sequestri beni per un valore complessivo di 500mila euro, tra conti correnti, veicoli e imprese.