A poche ore dall’arresto di Antonio De Marco, emergono nuovi dettagli della follia omicida del ragazzo, il 21enne che ha massacrato Daniele e Eleonora, i due fidanzati di Lecce
In queste ultime ore sono diversi i dettagli emersi riguardo l’omicidio di Daniele De Santis e Eleonora Manca. A commettere l’atroce delitto, Antonio De Marco, un giovane di 21 anni che aveva abitato con loro nei mesi scorsi. Uno studente di Scienze Infermieristiche, che ha curato nei minimi dettagli il suo orribile piano. Un piano di vendetta? Forse. Non è ancora chiaro. Forse vendetta per essersi visto rifiutare il rinnovo dell’affitto della camera, nelle ultime ore dagli inquirenti è trapelata una frase terrificante, che sarebbe stata pronunciata dall’assassino: “Ho fatto una cavolata. So di aver sbagliato. Li ho uccisi perché erano troppi felici e per questo mi è montata la rabbia”.
La felicità della coppia ha infastidito l’omicida che viene descritto come un ragazzo “introverso, chiuso, con poche amicizie”. Da quello che si è potuto comprendere, analizzando il suo folle gesto, il piano architettato con estrema lucidità, ma messo in atto con folle brutalità, due aspetti insoliti, il Procuratore De Castris lo ha infatti definito «una rarità nel panorama della criminologia penale». Una spietatezza ed una freddezza indescrivibili, tanto da decidere, il giorno dei funerali di Daniele e Eleonora, di uscire fuori a cena, apparendo ai colleghi, sorridente e tranquillo in alcune foto scattate durante la serata.
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«Salve, sto sentendo delle grida, tipo una lite domestica violenta, tra viale don Bosco e la parallela, ci sono delle palazzine, si sentono delle grida allucinanti, proprio con una violenza inaudita». È la telefonata da cui è tutto è a partito, fatta dal vicino di casa di Eleonora e Daniele alle 20.45. Si tratta di Luixhi, cittadino albanese, il supertestimone che ha aiutato ad inchiodare l’assassino. «Dall’abitazione è uscito un uomo armato, incappucciato e sta tentando la fuga verso Porta Rudiae, dalla zona dell’Acquedotto». Il centralinista gli ha chiesto allora di cosa fosse armato l’uomo incappucciato. E il testimone non ha avuto dubbi: «Ha un coltello, un coltello – lo ha ripetuto due volte – ed anche uno zaino, uno zaino grande». e gli sono stati chiesti altri particolari «Lo zainetto è sul marroncino, la felpa nera. E ha anche dei guanti neri». Poi l’ultima raccomandazione, la più drammatica: «Mandate un’ambulanza perché ho visto…». Le parole diventano incomprensibili, forse anche per la difficoltà di descrivere quell’orrore.
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