Emerge dalle carte dell’inchiesta della Dda di Roma sul clan camorristico Moccia. Il giovane era in debito con il clan di circa 30mila euro.
Il clan Moccia garantiva prestiti a Claudio D’Alessio, figlio del più famoso Gigi, cantante e cantauotre di fama nazionale. È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta della Dda di Roma sullo storico clan camorristico (14 ristoranti chiusi nel Centro di Roma). In questo episodio i pm contestano esercizio abusivo del credito. I Moccia trattavano con almeno 3 persone, fra cui D’Alessio jr, che «necessitavano dei prestiti, pretendendo interessi variabili senza autorizzazione». Nell’ordinanza viene citata anche una intercettazione in cui Claudio D’Alessio parla con una altra persona a cui il clan aveva prestato denaro ed entrambi si lamentano delle pressioni dei Moccia. «Se tu non blocchi un attimo la situazione e dai il tempo di respirare e di organizzarsi, qui non si andrà mai da nessuna parte, e quindi dico… cioè, non è che uno va a rubare la mattina che all’improvviso io ti posso chiudere…» afferma D’Alessio. «Serve un attimo di respiro fammi lavorare, fammi fare e poi si stabilisce un piano di rientro». Le indagini avrebbero consentito di accertare che i clan gestivano attraverso dei prestanome diverse attività commerciali a Roma, riciclando i capitali illeciti in investimenti immobiliari e in macchine di lusso – sempre intestate ad altre persone – ed estorcendo denaro con metodi mafiosi a chi non rispettava le regole. «I ristoranti sono di Angelo Moccia, i ristoranti di Roma sono tutti loro! Vedi che c’hanno un ‘organizzazione… ti dico…spaventosa! Spaventosa!». È quanto si afferma in una intercettazione citata dal gip nell’ordinanza uno degli indagati nell’indagine della Dda che ha portato all’emissione di 13 misure cautelari. In una altra comunicazione carpita, uno degli indagati afferma: «Quelli c’hanno veramente un esercito..ti ammazzano».
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Trentamila euro: era questa la cifra che il figlio di Gigi D’Alessio, Claudio, avrebbe dovuto ridare al clan dei Moccia, dai quali aveva ottenuto denaro in prestito. Ma «ad ogni pagamento effettuato in ritardo, i Moccia applicavano degli ulteriori interessi, non meglio indicati, che aumentando di gran lunga il capitale da restituire, allungavano anche i tempi di estinzione del debito» si legge nell’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione condotta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia contro il clan Moccia. In una intercettazione D’Alessio parla delle pressioni dei Moccia con Marco Claudio De Sanctis, presidente del Mantova Football Club, anche lui “strozzato” dal clan dopo aver ottenuto denaro in prestito. «Nooo gli ho detto “mò basta, ci dobbiamo bloccare perché così sta esagerando, gli ho detto ti devi fermare, io adesso a febbraio devo chiudere e basta, si deve congelare a gennaio, ogni volta fa quello più quello, più quello…». «Perché se non paghi, tipo quel giorno, ti fa una volta e mezzo» gli risponde De Sanctis. «Da una conversazione si comprende come il rapporto debitorio durasse da almeno 6 mesi – si legge nell’ordinanza – poiché Moccia, con tono alquanto infastidito sollecitava D’Alessio a risolvere la questione (allora me lo devi dire tu, Claudio, fratello… sono sei mesi, allora!), sottolineando come le ‘belle chiacchierè non fossero sufficienti con lui, che era «di Napoli» («però Claudio tutti questi … queste belle chiacchiere… io non sono di Milano … non sono neanche della Cina, io sono di Napoli”)». «Analoghe contestazioni venivano mosse a D’Alessio in una conversazione del 13 luglio 2018 – scrive il gip Rosalba Liso – ( 2aò però frate, ja, stiamo da sei mesi a fà sto bordello2), al termine della quale i due concordavano che D’Alessio avrebbe consegnato a Moccia un assegno, che avrebbe poi incassato una terza persona, per conto di Moccia proprio al fine di evitare che emergessero rapporti finanziari diretti tra D’Alessio e Gennaro Moccia»
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