La spesa per le pensioni in Italia ammonta a ben il 17% del Prodotto interno lordo. Una spesa record, che non potrà non avere un impatto sul futuro degli investimenti previdenziali in futuro.
L’economia del nostro Paese non sta vivendo un grande momento, in particolare a causa di quanto è accaduto nel mondo in questo 2020. L’emergenza sanitaria per via della diffusione del Covid-19 ha lasciato strascichi importanti in Italia. E nonostante ne stiamo venendo fuori mese dopo mese, il Pil è tra i più bassi della nostra storia recente. A dare una ulteriore prova di quanto le cose si siano complicate quest’anno, emerge anche il dato relativo alla spesa previdenziale. In soldoni, quanto si è speso per pagare le pensioni in questo 2020 particolarmente complicato.
A rendere noti i dati ci pensa il consueto Rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo. Quest’anno più che mai, questo aggiornamento è molto importante, in quanto arriva alla vigilia della Nota di aggiornamento al Def. E proprio a proposito della spesa nazionale per le pensioni, nel 2020 l’Italia si è data particolarmente da fare. Stando a quanto è emerso dal rapporto, infatti, quest’anno c’è stata una spesa pensionistica pari al 17% del Pil nazionale. Si tratta del nuovo record di ogni tempo, che porta anche al dato dello scostamento rispetto allo scorso anno dello 0,8%.
Il dato che emerge dal rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo fa sapere che la spesa in pensioni sarà molto alta, e anche a lungo. Fino alla vigilia del 2050, infatti, questa spera supererà sempre il 16%. Dopodichè è prevista una discesa fino al 13% del Pil nazionale in vista del 2070. In questo anno, infatti, si esauriranno le pensioni in favore dei cosiddetti baby boomers. Dunque la gestione dei costi pensionistici non vedrà la consueta “gobba”, ma più una ascesa lenta e costante prima di una discesa piuttosto ripida nel corso di circa venti anni.
Per questo motivo si stanno studiando dei metodi, soprattutto per smussare quella che è l’età pensionabile e la durata dei contributi da versare per andare in pensione. Le ipotesi sono sempre quelle valutate nei primi contatti tra il ministero del lavoro e quello dell’economia, insieme ai rappresentanti delle sigle sindacali. Si valuta una soglia minima di uscita differenziata, che ammonta a 62-63 anni per i lavoratori impiegati in attività gravose e 63-64 anni per tutti gli altri. Tuttavia, dal rapporto è emerso che la tanto discussa Quota 100 ha fatto il suo percorso in termini di spese.
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Questa manovra, infatti, contribuirà alla crescita della spesa nazionale in pensioni fino al 2029. Il tutto nonostante questo esperimento durerà fino al prossimo anno, ma i suoi strascichi si faranno sentire a lungo termine. Proprio a proposito di questo provvedimento, la Ragioneria offre una nuova analisi per quantificare i costi nel caso in cui Quota 100 venisse confermato. Sia in questo caso, che per quanto riguarda il congelamento a 42 anni e 10 mesi come requisito per il pensionamento, la previsione di spesa ammonterebbe al 10,8% del Pil, grazie al calcolo contributivo e dagli adeguamenti biennali.
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