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Cronaca

E’ dannoso per l’ambiente? Aumenta il prezzo! A partire dal diesel

Il ministro Sergio Costa vuole aumentare il prezzo del gasolio. In generale saranno rivisti tutti gli incentivi considerati dannosi per l’ambiente.

Tutti gli incentivi fiscali, le agevolazioni, gli aiuti che in qualche modo “finanziano” inquinamento ambientale saranno rivisti: dalle agevolazioni per le grandi industrie fino al rifornimento delle ambulanze.  In queste settimane il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha annunciato di voler rincarare l’accisa del gasolio per modificarne il prezzo e rendere il diesel più costoso della benzina, con una spesa per i consumatori stimata in circa 5 miliardi di euro. Il motivo della decisione? Perché è ritenuto un sussidio dannoso per l’ambiente il divario con l’accisa della benzina, ancora più alta.  Ma non c’è solamente quello: sono stati classificati in 19,8 miliardi l’anno i sussidi che, in qualche modo, contribuiscono a danneggiare l’ambiente. Le imprese – secondo i vari modelli di classificazione –  ne godono per circa 3,8 miliardi, le famiglie per 2,8 miliardi l’anno. Risorse importanti, che il Governo vorrebbe convertire in sostegno per le politiche ambientali. Ci sono però delle difficoltà, e delle apparenti diversità di trattamento e valutazione. Nel 2000 ad esempio il Governo, bisognoso di incassi freschi, aumentò le accise sui carburanti  ma per non penalizzare gli autotrasportatori – ai tempi inferociti per la decisione –  stabilì che una parte della maggiore accisa sarebbe stata risarcita ai soli autotrasportatori con un rimborso a parte. Oggi il Piano nazionale energia e clima mette al primo posto da eliminare il sussidio pagato agli autotrasportatori. Si tratta di un sussidio che vale 1,58 miliardi l’anno. Il piano del ministro Costa, però, a riguardo non appare consequenziale con la “ratio” dell’intervento complessivo: aumenta il gasolio per tutti ma non tocca il sussidio agli autotrasportatori. Il ministro Sergio Costa lo ha confermato in una intervista su Il Sole 24 Ore: «L’autotrasporto non è stato preso in considerazione dalle misure esaminate dalla commissione interministeriale. Il differente trattamento fiscale tra gasolio e benzina, uno dei Sad di cui si è occupata la commissione, non ha nulla a che fare con le agevolazioni di cui gode il settore dell’autotrasporto». La decisione, che potremmo definire “salomonica”. ha suscitato la protesta, espressa con un’interrogazione parlamentare, del senatore leghista Paolo Arrigoni: la proposta del ministro «è fuorviante e demagogica, in alcun modo legata a motivazioni ambientali ma piuttosto all’inasprimento delle tasse, per una stima di circa 5 miliardi, che il Governo cerca di mascherare».

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Ma in generale numeri sembrano variare a seconda dei criteri adottati e la definizione di sussidio. Il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e ambientalmente favorevoli, che viene emanato il 30 giugno di ogni anno dal ministero dell’Ambiente, ha una definizione larghissima di sussidio diretto o indiretto, e nel caso delle contestate accise – altissime in effetti – sui carburanti ,considera un sussidio per esempio il fatto che la penalizzazione fiscale del gasolio sia un po’ meno pesante di quella che pesa sulla benzina. Il piccolo divario tra i due disincentivi viene considerato un sussidio antiecologico concesso a chi usa il gasolio. Da qui, la decisione di rimuoverlo.
Un altro esempio di sussidio indiretto censito dal Catalogo, osserva la Corte dei conti, è il fatto che «le agevolazioni legate all’Iva presuppongono l’idea di una aliquota standard unica per cui tutte le applicazioni dell’aliquota ridotta legate all’energia sono considerate una spesa fiscale». Cioè tutte le imposizioni fiscali meno severe di altre vengono classificate come sussidi. Nell’edizione più recente del Catalogo, edizione 2018 pubblicata nel dicembre scorso, le 598 pagine di dossier rendicontano 19,8 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi. Secondo le valutazioni delineate dal Governo nel Pniec, il Piano nazionale integrato energia e clima, i sussidi favorevoli all’ambiente e quelli dannosi si equilibrano bilanciandosi con un pari peso sugli 11-12 miliardi l’anno. Infatti non ci sono solamente i sussidi cattivi; ci sono anche quelli buoni, come per esempio gli incentivi all’elettricità rinnovabile, l’aiuto all’acquisto di monopattini elettrici o i contributi al riciclo degli imballaggi.  Il Piano energia e clima del Governo tra i sussidi aveva individuato 43 meccanismi che intervengono sulla transizione energetica e li aveva divisi secondo la praticabilità. I peggiori e più urgenti sono 30, quelli da valutare sono 10 e quelli che chiedono un intervento internazionale sono 3. Poi il Governo nel decreto Clima di un anno fa aveva proposto un taglio lineare del 10% a tutte le agevolazioni dannose per l’ambiente a partire dal 2020, con l’obiettivo di azzerarle entro il 2040. Poi il progetto era sparito dal testo del decreto. Ai primi di luglio nel Piano nazionale di riforma il Governo aveva pensato anche di razionalizzare gli aiuti; la Corte dei conti aveva analizzato la proposta e aveva osservato che il progetto di riforma è confuso e poco trasparente.

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Nel frattempo il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha deciso di rincarare l’accisa che penalizza il gasolio, portandola allo stesso livello del peso fiscale sulla benzina. Il motivo dichiarato è riavvicinare – aumentando, e non diminuendo –  il disincentivo fiscale fra i due carburanti, la cui differenza è classificata alla voce di sussidio. Nel mese di agosto il ministero ha aperto una consultazione online per chiedere a cittadini, associazioni e imprese che cosa pensassero del rincaro ecologico del gasolio e di altri ritocchi fiscali fatti a tutela dell’ecologia. Insieme con il rincaro del gasolio, che invece il Piano energia e clima del governo non mette come primario, il ministro vuole togliere altre agevolazioni dannose per l’ambiente: vuole appesantire le accise sul metano autoconsumato direttamente dai giacimenti di gas, sul Gpl industriale, sul gas dei grandissimi consumatori, su combustibili e carburanti usati dalle forze armate; infine vuole togliere le agevolazioni alla produzione della gomma e all’estrazione del magnesio dall’acqua di mare.  Il Piano energia e clima ha elencato i sussidi che in via teorica il Governo vorrebbe eliminare, in parte anche diversi da quelli proposti dal ministro Costa. Aveva classificato 30 «sussidi da analizzare in via prioritaria perché in contrasto con gli obiettivi del Piano», i 10 i sussidi che «richiedono ulteriori approfondimenti tecnici» (tra i quali l’accisa del gasolio) e 3 «sussidi da riformare a livello comunitario o globale» (per esempio l’accisa sui carburanti degli aerei, regolata da accordi internazionali). I primi dieci, quelli che presentano il maggiore peso economico, sono i seguenti:  il rimborso parziale delle accise sul gasolio pagate dagli autotrasportatori (1,58 miliardi), l’Iva agevolata per l’elettricità delle famiglie (586,7 milioni), l’accisa meno pesante per i carburanti agricoli (913 milioni), aiuti fiscali alle centrali elettriche (455,4 milioni), l’accisa meno severa per i combustibili da riscaldamento in montagna, in Sardegna e nelle isole minori (152,8 milioni), l’accisa più lieve sul gas dei grandi consumatori industriali (60,9 milioni), una deduzione dal reddito dei distributori di carburanti (40,3 milioni), l’accisa più leggera per carburanti e combustibili acquistati dalle forze armate (23,2 milioni), l’accisa agevolata per il Gpl industriale (12,6), l’accisa agevolata per i carburanti usati dai taxi (10,8 milioni).
Altri sussidi contestati dal Piano clima, ma ritenuti meno attuabili e meno prioritari, erano appunto la differenza di accisa tra benzina e gasolio, ma non solo: l’Iva agevolata su elettricità e gas delle aziende (1,4 miliardi); l’esenzione dall’accisa sull’elettricità delle famiglie (634 milioni);  l’accisa alleggerita sui carburanti avio (1,6 miliardi).
Tra i sussidi ci sono quelli per siderurgia, ceramica e altri settori ad alta intensità energetica, come le agevolazioni per le imprese a forte consumo di energia elettrica (un aiuto che vale 626 milioni). Ma l’intervento che più preoccupa è senza dubbio quello – annunciato – nei confronti del gasolio. Perché colpire il gasolio? Lo ha spiegato lo stesso ministro dell’Ambiente, Sergio Costa: «Dal punto di vista ambientale —afferma il documento — questa differenza di trattamento in termini fiscali rappresenta una distorsione rilevante, poiché incoraggia l’utilizzo di veicoli che hanno emissioni più elevate», in particolare polveri e ossidi di azoto.  Il gasolio però ha emissioni più basse in termini di anidride carbonica, e il Catalogo lo ammette: «D’altra parte, i motori diesel, quando correttamente mantenuti e monitorati, sono più efficienti in termini energetici rispetto a quelli a benzina e ciò può condurre alla riduzione di emissioni di CO2 (gCO2/km) contribuendo al raggiungimento degli obiettivi climatici di riduzione dell’anidride carbonica». Interessante, infine, il commento dato nell’audizione dell’8 luglio dai magistrati della Corte dei conti: «Un esempio a questo proposito è la voce più rilevante tra quelle evidenziate, ovvero la minore aliquota del diesel rispetto alla benzina, valutata in oltre 6 miliardi. È ben noto come in Francia la proposta di una limitata revisione al rialzo delle aliquote sul diesel nell’autunno 2018 abbia acceso una forte rivolta sociale legata alla maggiore povertà energetica delle zone rurali, tale da far congelare l’intero progetto. In Italia, una revisione in questo senso, pur auspicata da più parti e semplice da implementare, vedrebbe l’opposizione del settore dell’autotrasporto e della logistica e dunque è classificata nel gruppo dei provvedimenti che meritano ulteriori approfondimenti». Tutela dell’ambiente da una parte, criticità economiche e sociali dall’altra. Equilibrio complicato, che sarà tutto da valutare nelle scelte politiche che verranno applicate nei prossimi mesi.

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