Il Grande Fratello VIP è al centro di polemiche abbastanza accese sulla squalifica di Fausto Leali. Il motivo? Aver detto “negro” a Enock Barwuah, fratello di quel Mario che tanto ha fatto discutere e sognare sia fuori che dentro il campo da calcio. Ma il razzismo è veramente la chiave di lettura di questa vicenda o stiamo parlando di una cultura antiquata che utilizza ancora termini arcaici?
Durante alcune chiacchiere all’interno della Casa il cantante ha detto che ‘negro indica una razza mentre nero è un colore’, tutto ciò di fronte a Enock Barwuah, che risentito ha chiesto di evitare certi messaggi poiché molte sono le persone che seguono la trasmissione.
Arrivata così la squalifica, ci ritroviamo un Fausto Leali incredulo e perplesso ed Enock dispiaciuto che accorre ad abbracciarlo, perdonandolo. Ma vi siete chiesti se veramente Fausto Leali abbia utilizzato quel termine capendone il significato? Dalla sua reazione direi proprio di no. Perché se è vero che le parole hanno un significato è vero altrettanto che sia l’intento che si portano dietro a dare loro valore. E’ giusto che il Grande Fratello Vip l’abbia squalificato senza dargli modo e tempo di capire, approfondire che quel termine è sbagliato così da cambiare il suo modo di comunicare? Non sarebbe stato più giusto metterlo davanti alla realtà, quella del razzismo, grazie anche all’esperienza o all’aiuto di Enock?
La televisione, come ogni mezzo di comunicazione, dovrebbe spiegare che agli sbagli, consapevoli e non, bisogna porre rimedio capendo la natura del proprio errore. Non è detto che un ragazzo di 27 anni (età di Enock) non possa far comprendere ad un uomo di 75 anni (età di Fausto Leali) che certi termini, certe culture siano sbagliate, che dire la parola ‘negro’ non equivale a dire ‘nero’ e che il perdono non conosce colore.
Ma purtroppo ancora una volta si è scelto di nascondere sotto il tappeto, di non utilizzare questo episodio come trampolino di crescita personale e per una volta dare agli spettatori qualcosa di più profondo e culturale. La squalifica di Fausto Leali ha scatenato solo un’ulteriore onda di odio e frustrazione di cui il razzismo, ancora oggi,si nutre. In più perché le squalifiche non arrivano anche quando il modo di comunicare tra i coinquilini diventa pesante per non dire volgare e umiliante? Perché quando alcuni termini ‘quotidianamente’ utilizzati vengono detti con l’intento di offendere non hanno lo stesso impatto? In un mondo così virtuale si preferirà sempre la gogna mediatica, ma si sa la redenzione di un uomo non fa audience.
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