Forte il messaggio lanciato dalla Chiesa nella Lettera “Samaritanus bonus”: “l’eutanasia è atto illecito, un grave peccato contro la vita umana”, e chi legifera a favore della procedura “è complice del crimine”.
Forti le dichiarazioni della Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede, che si è espressa in merito alla questione dell’eutanasia, definendo tale pratica un crimine per il quale chi legifera va considerato complice. “La Chiesa ritiene di dover ribadire come insegnamento definitivo che l’eutanasia è un crimine contro la vita umana perché, con tale atto, l’uomo sceglie di causare direttamente la morte di un altro essere umano innocente. Coloro che approvano leggi sull’eutanasia e il suicidio assistito si rendono, pertanto, complici del grave peccato che altri eseguiranno. Costoro sono altresì colpevoli di scandalo perché tali leggi contribuiscono a deformare la coscienza, anche dei fedeli”, si legge infatti nel documento.
Un messaggio, questo, che si accoda a quanto posto a premessa nel “Samaritanus bonus. Lettera sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita“, approvato dal Papa il 25 giugno scorso e pubblicato nella giornata di oggi. Un documento nel quale viene siglato un concetto importante (“inguaribile non è mai sinonimo di incurabile”), posto dinanzi alle iniziative legislative apportate in vari Paesi in merito all’eutanasia e che ribadisce i principi dottrinali e magisteriali contro il suicidio assistito.
Secondo l’ex Sant’Uffizio, infatti, un ostacolo “che oscura la percezione della sacralità della vita umana è una erronea comprensione dalla ‘compassione’. Davanti a una sofferenza qualificata come ‘insopportabile’, si giustifica la fine della vita del paziente in nome della ‘compassione’. Per non soffrire è meglio morire: è l’eutanasia cosiddetta ‘compassionevole’. Sarebbe compassionevole aiutare il paziente a morire attraverso l’eutanasia o il suicidio assistito. In realtà, la compassione umana non consiste nel provocare la morte, ma nell’accogliere il malato, nel sostenerlo dentro le difficoltà, nell’offrirgli affetto, attenzione e i mezzi per alleviare la sofferenza”. Per questo, spiega la Chiesa, è importante “intervenire in tale sede per escludere ancora una volta ogni ambiguità circa l’insegnamento del Magistero sull’eutanasia e il suicidio assistito, anche in quei contesti dove le leggi nazionali hanno legittimato tali pratiche“.
Sempre all’interno dello stesso documento, l’ex Sant’Uffizio spiega che l’eutanasia è “un atto intrinsecamente malvagio, in qualsiasi occasione o circostanza”, e “qualsiasi cooperazione formale o materiale immediata ad un tale atto è un peccato grave contro la vita umana”. “L’eutanasia è un atto omicida che nessun fine può legittimare e che non tollera alcuna forma di complicità o collaborazione, attiva o passiva. Una persona che sceglie con piena libertà di togliersi la vita rompe la sua relazione con Dio e con gli altri e nega se stessa come soggetto morale. Il suicidio assistito ne aumenta la gravità, in quanto rende partecipe un altro della propria disperazione, inducendolo a non indirizzare la volontà verso il mistero di Dio”, e “a non riconoscere il vero valore della vita e a rompere l’alleanza che costituisce la famiglia umana”.
“Tali pratiche – spiega ancora l’ex Sant’Uffizio – non sono mai un autentico aiuto al malato, ma un aiuto a morire“, e “si tratta, dunque, di una scelta sempre sbagliata”. “È per questo che l’eutanasia e il suicidio assistito sono una sconfitta di chi li teorizza, di chi li decide e di chi li pratica”. “Sono gravemente ingiuste, pertanto, le leggi che legalizzano l’eutanasia o quelle che giustificano il suicidio e l’aiuto allo stesso, per il falso diritto di scegliere una morte definita impropriamente degna soltanto perché scelta”.
“La Chiesa afferma la liceità della sedazione come parte della cura che si offre al
paziente, affinché la fine della vita sopraggiunga nella massima pace possibile e nelle migliori condizioni interiori. Questo è vero anche nel caso di trattamenti che avvicinano il momento della morte (sedazione palliativa profonda in fase terminale), sempre, nella misura del possibile, con il consenso informato del paziente”, aggiunge la Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede sempre all’interno della Lettera “Samaritanus bonus”.
E, mentre si esprime in merito all’uso degli analgesici, sottolinea come questi possano essere “parte della cura del paziente, ma qualsiasi somministrazione che causi direttamente e intenzionalmente la morte è una pratica eutanasica ed è inaccettabile. La sedazione deve dunque escludere, come suo scopo diretto, l’intenzione di uccidere, anche se risulta con essa possibile un condizionamento sulla morte comunque inevitabile”.
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In merito alla questione legata all’eutanasia e al sudicio assistito, e sulla base di quanto spiegato all’interno del documento, la Chiesa lancia quindi un appello a tutti i Paesi che hanno approvato, o sono in procinto di approvare, leggi a favore della procedura. “È necessario che gli Stati riconoscano l’obiezione di coscienza in campo medico e sanitario, nel rispetto dei principi della legge morale naturale, e specialmente laddove il servizio alla vita interpella quotidianamente la coscienza umana”, spiega infatti la Congregazione vaticana. E prosegue: “Dove questa non fosse riconosciuta, si può arrivare alla situazione di dover disobbedire alla legge, per non aggiungere ingiustizia ad ingiustizia, condizionando la coscienza delle persone. Gli operatori sanitari non devono esitare a chiederla come diritto proprio e come contributo specifico al bene comune”.
“Dinnanzi a leggi che legittimano – sotto qualsiasi forma di assistenza medica – l’eutanasia o il suicidio assistito, si deve sempre negare qualsiasi cooperazione formale o materiale immediata“, spiega ancora l’ex Sant’Uffizio. Aggiungendo infine che “non esiste il diritto al suicidio né quello all’eutanasia: il diritto esiste per tutelare la vita e la co-esistenza tra gli uomini, non per causare la morte. Non è pertanto mai lecito per nessuno collaborare con simili azioni immorali o lasciar intendere che si possa essere complici con parole, opere od omissioni. L’unico vero diritto è quello del malato di essere accompagnato e curato con umanità”.
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