È stata avviata una maxi inchiesta dalla Procura di Roma per quanto riguarda i prezzi delle mascherine: Milioni di protezioni sul mercato con false certificazioni o pagate anche fino a cento volte in più del loro reale valore
Prezzi elevatissimi oppure mascherine messe sul mercato in assenza delle giuste certificazioni. Come riportano le fonti del Corriere, è stata avviata una maxi inchiesta su finte fideiussioni. Nel periodo peggiore della pandemia le mascherine erano infatti vendute agli enti pubblici a costi esagerati, anche dieci, cento volte più del valore reale. Con un esborso di soldi da parte dello Stato per centinaia di milioni di euro. La Procura di Roma si sta concentrando sulle forniture dei dispositivi, il gruppo di magistrati guidati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, hanno aperto quattro fascicoli e mirano a verificare se all’interno delle amministrazioni (Regione, aziende sanitarie, Protezione civile) ci siano funzionari infedeli che abbiano agevolato aziende in cambio di soldi. Dunque se dietro il grande affare che ha segnato i primi mesi dell’epidemia ci siano episodi di corruzione. Mazzette versate a chi doveva stilare la lista dei fornitori per riuscire a essere inseriti.
LEGGI ANCHE:
- Briatore sul Covid: “La polmonite dell’anno scorso è stata ben peggiore”
- Covid Alitalia: Tamponi rapidi sui voli da Roma a Milano
I sequestri alla Dogana
Non solo l’ondata ha sconvolto il paese a livello sanitario, in quel periodo, quello più nero, vi erano anche in corso già delle indagini per andare a fondo e scoprire eventuali illegalità. Il lavoro dell’Agenzia delle Dogane, guidata da Marcello Minnea, che ha bloccato numerosi carichi, segnalando le irregolarità compiute, dando così la possibilità di ricostruire il percorso: dalla produzione all’estero fino all’arrivo in frontiera. Oltre al blocco di 4 milioni e 800 mila mascherine nei magazzini sono rimasti 65 mila e 800 dispositivi per la terapia intensiva, oltre 26 milioni di guanti monouso, 216 tute, più di 47 mila occhiali e persino 86 mila confezioni di alcool. Prodotti non conformi alle norme, la maggior parte con una certificazione fasulla.
Mascherine false
All’inizio della pandemia il reperimento delle mascherine si era rivelato come un’impresa ardua, l’Italia non produceva infatti questo tipo di dispostivi di protezione. Alcune società chiedevano al ministero della Salute il via libera per riconvertire la propria attività, altri cercano invece contatti con ditte estere, soprattutto cinesi. E si affidavano a mediatori per riuscire ad aggiudicarsi le forniture. In queste circostanze vi sono stati degli indagati per aver preteso milioni di euro per favorire il contatto che in realtà si è rivelato inesistente. Altri si sono adoperati per far elargire fideiussioni oppure polizze a garanzia agli enti pubblici — è il caso delle mascherine vendute alla Regione Lazio — che si sono poi rivelate false.
I certificati contraffatti
Vi sono stati inoltre alcuni casi che vedevano le mascherine in questione come dispositivi falsi, non conformi quindi agli standard previsti. Ne sono state buttate a milioni, perché una volta arrivate in dogana, a seguito dei controlli, si è accertato che non avevano certificazione. Da qui l’indagine penale, perché la fornitura era comunque stata pagata, per paura di non riuscire ad ottenerla.