È questa la nuova ipotesi sulla quale il Governo sta ragionando sul tema delle pensioni. Mercoledì ci sarà un nuovo incontro tra i ministri e i vertici delle sigle sindacali. Potrebbe essere quello decisivo.
Il Governo pensa a una nuova ipotesi per riformare le pensioni e la durata del periodo di lavoro prima di poterne usufruire. Dalle stanze di Palazzo Chigi, infatti, arriva una nuova proposta che verrà discussa con le sigle sindacali. Si torna a parlare, infatti, della possibilità di garantire la pensione a chi ha maturato 41 anni di contributi, a prescindere dall’età. L’attuale esecutivo è alle prese con una nuova riforma da attuare sul fronte previdenziale, che dovrà marciare di pari passo con la prosima legge di Bilancio. E se ne discuterà proprio con i sindacati.
L’incontro che avrebbe dovuto sbloccare il tema delle pensioni si sarebbe dovuto svolgere all’inizio della scorsa settimana. Tuttavia si è registrato un rinvio alla giornata di mercoledì, quando i ministri si incontreranno con i vertici delle sigle sindacati. Si tratta di un vertice che porterà all’inizio dei lavori da parte dei tecnici, i quali metteranno a punto una serie di proposte da esaminare successivamente. Ovviamente, dopo il confronto con i sindacati, ci dovrà essere quello con la classe politica, che dovrà mettere in chiaro la propria posizione sul tema delle pensioni.
Non va dimenticato l’aspetto legato a Quota 100, che andrà “in pensione” alla fine del prossimo anno. A confermarlo è stato Antonio Misiani, il vice-ministro all’economia. Di contro, il ministro del lavoro Catalfo sta lavorando per garantire una maggiore flessibilità per i lavoratori in uscita. Si tratta di un passaggio fondamentale anche per favorire la staffetta generazionale con i giovani lavoratori. Altri temi che dovranno essere toccati sono quelli del lavoro discontinuo e della pensione di garanzia per i giovani. Soprattutto questo passaggio sarà discusso a breve.
Anceh perchè nel frattempo il Governo istituirà due nuove Commissioni per affrontare il tema del lavoro e delle pensioni. La prima sarà quella sulla valutazione della separazione della spesa sociale tra assistenza e previdenza, la seconda si occuperà dello studio dei lavori gravosi. Quest’ultima servirà in particolare per ampliare il numero dei lavoratori che potranno beneficiare dell’Ape sociale. Ma come abbiamo scritto in avvio, il tema più importante riguarda il superamento di Quota 100. E al vaglio del Governo c’è una proposta in particolare.
Secondo i sindacati, infatti, i soggetti che hanno maturato 41 anni di contributi debbano andare in pensione a prescidere dalla propria età. Tra i membri della squadra di Governo, però, è in auge una valutazione diversa, legata proprio al livello di anzianità. Si tratta di consentire l’uscita anticipata a chi ha 62 o 63 anni, accettando un taglio della retribuzione pensionistica tra il 2,8 e il 3% per ogni anno che manca prima del compimento dei 67 anni. Se così fosse, sarebbero coinvolte dalla riforma delle pensioni circa 150mila persone ogni anno, con un riposo anticipato di 4-5 anni rispetto al previsto.
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La perdita complessiva in termini economici, per chi accetterebbe questa prospettiva, sarebbe del 5%. Questa percentuale, però, andrebbe a maturare andando in pensione dopo che verranno raggiunti gli attuali requisiti di legge. Nel frattempo, però, è entrato in vigore il tanto atteso incremento della rivalutazione per i redditi da pensionare. Dal 2022, questa rivalutazione arriverà al 90% per gli assegni tra i 2.029 e i 2.538 euro e del 75% per chi andrà oltre questa soglia. Un progresso che, in quanto piuttosto lento, ha fatto storcere il naso alle sigle sindacali.
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