Il fondatore Tim Sweeney contro i monopoli digitali ha una storia lunga e ben radicata. Il fondatore di Fortnite teme in particolare la scarsa capacità di generare innovazione da parte delle stesse piattaforme.
La guerra è ormai aperta e prosegue senza quartiere. Da una parte c’è Epic Games, società che sta spopolando in giro per il mondo, soprattutto grazie alla creazione e al lancio di un fenomeno come Fortnite. Dall’altra parte ci sono i cosiddetti Big tech della Silicon Valley. Stiamo parlando delle società che rappresentano di fatto il monopolio tra le piattaforme digitali. In tal senso si sta svolgendo una vera e propria crociata da parte del fondatore di Epic Games, Tim Sweeney. Tutto nasce nel 2008, quando il compianto Steve Jobs riuscì a ottenere un risultato rivoluzionario nel campo degli accordi economici.
Il fondatore della Apple riuscì a convincere una serie di case discografiche, software house e piccoli sviluppatori indipendenti a stipulare un accordo. Questo consisteva nel pagamento di una commissione del 30% sui propri ricavi, in modo da poter trovare spazio nell’App Store su iPhone e iPad. Lo stesso Jobs, in quella fase, ammise candidamente che l’obiettivo non era avere nuovi partner, ma semplicemente vendere più apparecchi. Una situazione che dodici anni fa sembrava andare bene tutto sommato a tutti. Nel 2020, invece, il vento sembra essere cambiato in maniera netta.
E a farlo cambiare è stato proprio Sweeney, che sta spopolando con un gioco amato e super giocato come Fortnite. Il fondatore di Epic Games si è scagliato contro il monopolio digitale dato dalla Big tech, in particolare contro questa commissione stabilita per chi entra nel novero dell’App store. Una crociata che sembra aver svegliato le coscienze dei giovani, senza dubbio trascinati dall’autore di una delle invenzioni da loro più amate, ovvero Fortnite. E allora ecco che l’ondata di protesta da parte degli utenti contro la società fondata a Cupertino sta toccando picchi sempre più alti.
Anche perchè a protestare non è solo Sweeney e non sono solo i fruitori di questi servizi. Ma sono anche le altre società vicine a Epic Games e soprattutto divenute rivali di Apple. Stiamo parlando di Microsoft, Facebook e Amazon, che si sono schierati in maniera netta – seppur più morbida – contro la Apple. Ad esempio il fondatore del noto social network Mark Zuckerberg ha attaccato la società di Cupertino dopo la rimozione di Fortnite dall’App Store. E lo ha fatto anche con gli atti concreti, chiedendo ufficialmente ad Apple di ridurre le commissioni sullo Store per offrire a tutti Facebook Pay.
Zuckerberg ha fatto capire chiaramente che la richiesta è stata respinta, nonostante Facebook “non prenda una commissione da questo acquisto, mentre Apple si prende il 30%“. Dunque la guerra è ormai aperta ed è attiva su più fronti, spostandosi dal semplice 1 contro 1 tra Epic Games e Apple. In ogni caso, la sensazione è che la società della mela non si comporti così diversamente dai propri contender. Perchè in quel 30% di costi di commissione ci sono le spese di sicurezza, i costi di manutenzione dello Store e l’attività di controllo su quanto accade nel “negozio virtuale”.
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Dunque, a far infervorare Sweeney non è tanto il 30% in quanto tale, ma ciò che potrebbe portare come prima conseguenza. Ovvero la scarsa capacità da parte delle Big tech di generare tecnologie via via nuove, oltre ai conflitti d’interesse tra chi fa parte del “gotha” e al tempo stesso produce contenuto. Così si è pensato a una norma che impedisca il controllo privato di alcuni dati, in modo che non venga consentito l’autocontrollo a determinate aziende. Ma occhio a fare la guerra a chi ha fondato Fortnite: dovrebbe sapere bene come si combatte, sia in 1 contro 1 che in modalità multiplayer.
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