Il ministero della Salute russo ha annunciato oggi di aver inviato il primo lotto di vaccini anti-Covid-19 – o ‘Sputnik V’ nelle diverse regioni del paese. Si otterrà l’mmunità per due anni.
Si tratterebbe, secondo quanto reso noto in un comunicato, di una “consegna pilota” destinata a verificare il funzionamento delle reti logistiche di distribuzione e la somministrazione ai cittadini appartenenti ai gruppi ad alto rischio. Il primo vaccino è stati ufficialmente registrato l’11 agosto, realizzato dal Centro di Epidemiología e Microbiología Gamaleya. Il vaccino dovrebbe garantire immunità per un periodo massimo di due anni. Senza alcun dubbio, la sperimentazione del loro Sputnik V ha spiazzato gli osservatori mondiali, America compresa. E il nome non è stato scelto a caso: come 63 anni fa con il lancio del satellite, vogliono essere i primi a vincere la nuova sfida mondiale: sconfiggere il Covid. Ma se l’annuncio in pompa magna è stato accolto con scetticismo, relegandolo tre le attività facenti parte della propaganda multimediale di Mosca, poi è arrivata la certificazione di Lancet, una delle più autorevoli riviste mediche britanniche da sempre: il vaccino made in Russia può funzionare.
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Russia, Istituto Gamaleya: documentazione rigorosa
Certo, i test sono in una fase preliminare, con i dati su soli 76 cavie, ma Sputnik V produce anticorpi al coronavirus. E l’Istituto Gamaleya ha fatto le cose in piena regola, mettendo a disposizione della comunità scientifica tutti i documenti per accertare la veridicità di quanto studiato. Quanto alle cavie, i russi ne hanno in abbondanza: usano i militari che sono abituati a obbedire e che farebbe qualsiasi cosa. Il campione però è limitato nella valutazione degli effetti per quanto in genere si tratta sempre di giovani in buona salute. E la seconda ondata, con le prove su 40 mila persone, è partita solo dal 26 agosto. Mentre gli esami proseguono, il Cremlino vuole conservare il vantaggio sugli altri Stati, preparandosi alla produzione. Il tutto per garantirsi quella “massa di manovra” necessaria al successo finale. E qui nascono i problemi: i laboratori russi non sembrano in grado di produrre la quantità di dosi prevista per il Paese e oltre. Ma a Mosca non si sono persi d’animo e hanno iniziato la seconda fase dell’offensiva: l’internazionalizzazione di Sputnik V. Partendo dal Kazakhstan, ex Repubblica sovietica ricca di petrolio, hanno deciso di stilare un accordo per confezionare cinque milioni di dosi. Poi lo sbarco oltre Oceano: in Messico è stato siglato un contratto per realizzare ben 32 milioni di vaccini. Le ambizioni però sono molto più ampie. E nel mirino, tra le prime scelte, c’è l’India.