L’inchiesta Film Commission, che riguarda anche i 49 milioni di fondi elettorali, entra nel vivo. La Lega trema, e nelle intercettazioni si parla di “mille nuove operazioni pronte a partire”.
Continuano i problemi per la Lega e per i suoi vertici, in primis per Matteo Salvini. La notizia giunta ieri, in merito all’arresto dei tre commercialisti di “fiducia” del Carroccio, ha senza dubbio tolto un po’ di serenità al partito. Anche perchè sono venuti fuori nuovi sviluppi nell’inchiesta Film Commission, quella partita dai 49 milioni di fondi pubblici, previsti per la campagna elettorale, spariti nel nulla. Anche perchè uno dei tre soggetti finiti ieri in manette, Andrea Manzoni, si è reso protagonista di un incontro proprio con Salvini.
Il leader della Lega si è seduto allo stesso tavolo, oltre che con il Manzoni, anche con Roberto Calderoli e Stefano Borghesi. Anche quest’ultimo è un commercialista, ma soprattutto è socio di Alberto Di Rubba ai tempi della sua presidenza della Lombardia Film Commission. La cena a quattro è avvenuta alla fine del mese di maggio a Roma, con i piani alti della Lega che si sono riuniti. Con ogni probabilità, la paura che l’occhio del ciclone tornasse a fare capolino sulla testa del Carroccio ha convinto Salvini a riunire questa specie di quartier generale.
Non c’erano tutti i vertici del partito, ma senza dubbio c’erano le persone con le quali si sarebbe dovuto parlare di questioni spinose. Su questa cena si sono buttati a capofitto gli investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza. Non è dato sapere di cosa si è parlato in quella cena, ma emerge una certa preoccupazione sulla base anche di quanto è venuto alla luce ieri. La compravendita dell’immobile di Cormano, divenuto sede della Film Commission e finito al centro di una serie di movimenti non corretti, faceva paura già tre mesi e mezzo fa.
Le operazioni sospette da parte dei commercialisti della Lega erano finiti già ai vertici dell’agenzia Ubi di Seriate. Il direttore Marco Ghilardi, infatti, aveva inviato una lettera in cui si segnalavano operazioni sospette e non segnalate a Bankitalia. Una cosa del genere, Matteo Salvini non poteva non saperla, e infatti ne è stato informato per tempo. Anche perchè da quella banca sono partiti alcuni dei movimenti fondamentali per la compravendita di quell’immobile. Come gli 800mila euro bonificati ad Andromeda dopo la buona riuscita dell’affare.
Tra le altre cose, dopo essere stato sentito proprio in questa ottica, Ghilardi aveva svelato la sua verità. Secondo il direttore dell’agenzia di Seriate, Manzoni e Borghesi avevano un piano ben chiaro in testa. Creare conti da intestare ad associazioni territoriali della Lega, per far transitare in sicurezza il denaro. Un piano che non è stato messo a segno solo per l’integrità morale di Ubi, che ha bloccato tutto sul nascere. Ma Ubi ha fatto anche qualcosa di più, visto che ha bloccato le casse del partito dalle pretese di risarcimento delle procure.
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Manzoni, inoltre, avrebbe svelato ai pm di aver saputo dell’immobile solo dopo alcuni incontri nella sede della Lega. L’incontro decisivo avrebbe dovuto svolgersi in un luogo sicuro, ma la presenza di un Trojan nello smartphone di Arturo Maria Scillieri (uno dei commercialisti arrestati ieri) ha portato tutto alla luce. Finchè non emerge che questa operazione “è andata storta a un certo punto“. Scillieri provava a rassicurare i colleghi sostenendo che di operazioni così “ne faremo altre mille“. Ma quel che è certo, finora, è che la Lega ora rischia guai pesanti.