Dopo l’incendio nel campo migranti Moria nell’isola di Lesbo, arriva la disponibilità da parte dell’Ue, che si dice pronta “a finanziare e sostenere la costruzione di questa nuova struttura”.
L’Ue si dice schierata in prima linea per la ricostruzione del campo migranti a Moria, nell’isola di Lesbo, andato distrutto a causa di un incendio. Ad annunciarlo è il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Margariti Schinas, in videoconferenza dalla Grecia con il ministro dell’Interno tedesco Seehofer: “L’Unione Europea è pronta non solo a finanziare e sostenere la costruzione di questa nuova struttura, ma anche a considerare qualsiasi richiesta greca per un ruolo più attivo nella gestione di questa nuova struttura”. Proprio nella giornata di oggi sarebbe previsto un colloquio tra Schinas e il premier greco. Si cercherà in questo modo di costruire una struttura in grado di sostituire quello che era uno dei più grandi campi profughi d’Europa, che contava oltre 12.600 residenti. Numerose erano le problematiche legate al campo, a partire dalle pessime condizioni igieniche per finire con il sovraffollamento. Il campo nella notte tra martedì e mercoledì è caduto preda delle fiamme, quando una serie di incendi ne avrebbero comportato la distruzione.
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Stando a quanto riportato dalle autorità greche, il fuoco sarebbe stato acceso da “un gruppo di migranti in segno di protesta“. Difficile ora trovare un posto, da un giorno all’altro, a migliaia di migranti che erano ospiti del campo. Ad aggravare il tutto, ora, anche i rischi derivanti dai possibili contagi di coronavirus. Già la settimana scorsa nel campo erano stati registrati circa 35 positivi, una situazione che potrebbe aggravarsi a causa dell’incendio, esponendo le persone più fragili del campo a gravi pericoli. Come ricordato dall’Agenzia dell’Onu per i Rifugiati, infatti, nel campo erano presenti “più di 4mila bambini e altri gruppi vulnerabili, inclusi 407 bambini non accompagnati, donne incinte e anziani”. Secondo il capo della campagna sulle migrazioni di Oxfam, Evelien van Roemburg, ci si troverebbe di fronte una vera e propria “tragedia umanitaria”. Van Roemburg porrebbe l’attenzione proprio sulle “risposte fuorvianti fornite da anni dall’Ue e dai suoi Stati membri alle persone in fuga da conflitti e persecuzioni“. A fare eco, Marco Sandrone, capo progetto di Medici Senza Frontiere a Lesbo: “Il Parlamento europeo deve lanciare un’indagine sulle politiche e le pratiche dell’Ue e dei suoi Stati membri, che hanno portato ad una cattiva gestione degli hotspot sponsorizzati dall’Ue sulle isole greche”.
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