Sta per scattare l’ora x per le scuole, mancano tre giorni e poi non ci resterà che incrociare le dita e ripassare tutte le regole di comportamento che nelle ultime settimane sono state lette e rilette.
Ad affrontare questa nuova sfida, genitori e insegnanti, con il supporto dei pediatri «La riapertura delle scuole è una sfida che possiamo vincere solo se ognuno farà la sua parte, senza rifiutare le proprie responsabilità, a partire dai genitori che dovrebbero insegnare ai figli le buone pratiche di igiene e sicurezza (mascherina, distanziamento, lavaggio delle mani) e misurare loro la temperatura corporea ogni mattina prima di uscire di casa — le parole di Giuseppe Di Mauro, presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps) —.
Le regole in poche righe
Riassumiamo le regole di come si dovrà affrontare questo nuovo anno con l’ombra del coronavirus: se il bambino ha più di 37,5° di temperatura va tenuto a casa, lo stesso se presenta sintomi come raffreddore, tosse, mal di testa, perdita di gusto/olfatto, diarrea (riconducibili a Covid). I genitori dovranno contattare il pediatra di famiglia, che probabilmente richiederà all’Asl un tampone. Avranno i risultati generalmente dopo 24-48 ore. In caso di negatività il bambino, una volta guarito, tornerà a scuola; altrimenti partirà il protocollo anti-Covid con il tracciamento dei contatti. Nelle scuole si cercherà comunque di isolare il gruppo classe evitando contatti al di fuori, in modo da limitare eventuali piccoli focolai.
La certificazione da parte del pediatra
Giuseppe di Mauro Di nuovo ha spiegato: «È fondamentale che ognuno faccia la sua parte o il rischio di rivolte sociali sarà enorme: se le scuole chiudono salta l’intero sistema. Per questo si punta sull’alleanza insegnanti-genitori-medici per individuare subito eventuali positivi e bloccare il focolaio prima che si diffonda. Ci auguriamo, come promesso dal Governo, che dal 14 in avanti la maggior parte dei tamponi disponibili (circa l’80%) sia riservata alle scuole. La fortuna è che i bambini si contagiano meno degli adulti e solitamente hanno pochi sintomi (ma comunque li hanno e sono quasi sempre riconoscibili). Se l’assenza dura più di 3 giorni in nidi e materne (o più di 5 giorni dalle elementari in su) per il rientro sarà necessaria un’attestazione del pediatra relativa allo stato di salute del bambino che escluda la presenza di Covid. Questo è un punto importante: molto probabilmente i pediatri rilasceranno il certificato solo a fronte di un tampone negativo. Detto questo, sono ottimista: ce la possiamo fare, si tratta di imparare a convivere con il virus senza allarmismi».
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L’opinione dei pediatri: pensieri contrastanti
Non tutti i pediatri sono dell’opinione di Di Mauro. Paolo Biasci, presidente della Federazione Italiana medici pediatri (Fimp) ha dichiarato: «Tra massimo un mese nelle scuole italiane ci sarà il caos a causa dei tamponi. Si svuoteranno le classi sia per numero di contagiati che di sospetti. La procedura è chiara: il medico fa richiesta di tampone al Dipartimento di prevenzione (Asl), la domanda viene recepita e presa in carico, a quel punto il genitore viene chiamato per un appuntamento, il tampone viene eseguito e poi bisogna attendere la risposta. Se le richieste di tamponi sono tante, il bambino può restare a casa una settimana o 10 giorni. Magari, nel frattempo, il raffreddore è passato ma dobbiamo comunque attendere».
L’elenco dei sintomi a cui fare attenzione
Nell’elenco dei sintomi riconducibili al Coronavirus e dunque sospetti, dell’Istituto superiore di sanità ci sono: tosse, cefalea, nausea, vomito, diarrea, faringodinia (dolore alla faringe), dispnea, mialgie, rinorrea, congestione nasale (nei bambini piccoli); nei più grandi brividi, tosse, difficoltà respiratorie, perdita o diminuzione dell’olfatto, perdita o alterazione del gusto, rinorrea, congestione nasale, faringodinia, diarrea. Si tratta di disturbi comuni e tipicamente stagionali che potrebbero ricondurre in automatico a un sospetto Covid. Con la conseguenza che in caso di assenze superiori ai 3/5 giorni il pediatra potrà redigere il certificato di guarigione solo dopo un tampone negativo.
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Scuola, 13mila lavoratori trovati positivi
Il 50% dei docenti e dei collaboratori, si è sottoposto a test sierologico ed il 2,6% è risultato positivo: 13 mila persone potenzialmente contagiose non entreranno quindi a scuola fino a quando non avranno esito negativo da parte del tampone. Vi è da sottolineare che, non tutto il personale si sottoporrà a test volontario. L’unica regione che lo ha richiesto in modo obbligatorio è la Campania.
I banchi e i professori
Saranno 200 mila i banchi consegnati entro l’inizio dell’anno scolastico ed entro ottobre dovranno essere consegnati tutti e 2,4 milioni. La situazione più complessa è quella dei professori: 60 mila i supplenti da nominare. Ma la Cisl ha precisato: «Sono 206 mila le caselle da riempire». Le nomine sono partite ieri, dagli uffici scolastici provinciali, ma da lunedì si comincerà a chiamare dalle graduatorie di istituto i supplenti e l’organico Covid. «Sarà difficile spiegare alle famiglie e agli studenti che ci vorranno diverse settimane prima di cominciare con un docente in classe», ha evidenziato Maddalena Gissi (Cisl). E c’è il problema dei «prof fragili» che potrebbero ulteriormente far aumentare le cattedre da coprire. Ieri sera è stato definito il vademecum per i presidi. Il lavoratore che presenta una patologia grave potrà essere dichiarato idoneo al lavoro, ma con prescrizioni (maggiori misure di sicurezza), o inidoneo temporaneamente: nei casi rischiosi, il prof rimarrà a casa in malattia; negli altri, sarà assegnato ad altre mansioni.
Le mascherine
Le scuole fino a ieri ne hanno ricevute 41 milioni ed entro lunedì ne verranno consegnati altri 77 milioni, Arcuri assicura sono una «quantità sufficiente per due ulteriori settimane di lezione». Dal 14 ne verranno fornite 11 milioni al giorno. Non si potranno distribuire all’ingresso, per il rischio di assembramento. Quindi gli studenti dovranno averne una personale per entrare. E quindi, come verranno consegnate? «Decideranno i presidi», ha aggiunto Giannelli.