Dopo lo stop alla sperimentazione di AstraZeneca, la direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica dell’ospedale «Sacco» di Milano mette in guardia: «Non dovremmo delegare solamente al vaccino la soluzione dei nostri problemi».
Il vaccino, ovviamente sperimentale, del gruppo farmaceutico AstraZeneca potrebbe essere pericoloso: l’azienda ha infatti annunciato una sospensione globale dei test clinici per il farmaco contro il Covid-19 in seguito alla comparsa di complicazioni in un partecipante al programma. Il gruppo, associato all’Università di Oxford, ha fatto sapere che il protocollo è scattato di fronte a una reazione avversa seria e non spiegabile , un problema spinale, e che è stata dunque decisa in modo autonomo la sospensione per consentire le opportune verifiche da parte di una commissione indipendente. Su quello che è successo è arrivato il commento della Professoressa Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, Virologia e Diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano: la ricercatrice è stata interpellata dal Corriere della Sera. «Devo riconoscere che l’azienda ha mostrato tanta serietà nell’indagine e purtroppo devo sottolineare “l’avevo detto”, anche se è molto triste quando si parla delle speranze di salute della gente» ha commentato la Gismondo. «Il vaccino probabilmente ci sarà (anche se non siamo sicuri se ci sarà), ma ha bisogno dei suoi tempi. Il fatto che sia intervenuto in Fase 3 un caso così importante rispetto agli effetti collaterali, vuol dire che abbiamo bisogno di seguire le strade tradizionali della ricerca clinica. Affinché un vaccino possa essere non solo efficace ma anche sicuro devono passare 3-4 anni. Possiamo anche avere un vaccino fra un anno un anno e mezzo, ma non saremo mai sicuri dell’assoluta assenza di effetti collaterali e nemmeno della sua efficacia». La professoressa Gismondo ha spiegato cosa avverrà adesso: «A questo punto ci si ferma, si analizzano gli effetti provocati e quale può essere la relazione tra l’effetto indesiderato e la composizione del vaccino, quindi o si muta qualcosa, oppure si amplia il numero di volontari in modo tale da essere più sicuri sugli effetti collaterali, oppure ancora, come succede per i farmaci, si decide di chiudere la ricerca e concentrarsi su un’altra formulazione». C’è addirittura la possibilità di dover ripartire da zero: «Se si dovesse scegliere di cambiare formulazione si riparte da zero perché si tratta di un nuovo vaccino, se invece si dovesse decidere di approfondire questo effetto collaterale, magari si tenterà di cambiare qualcosa nella formula e procedere con una Fase 2-3 avanzata».
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Quello che è avvenuto ad AstraZeneca indica una possibilità – spaventosa per molti – che la Gismondo insieme ad altri medici aveva prospettato: «L’ho detto mesi fa: un vaccino serio, nel senso di completezza di conoscenza rispetto a efficacia ed effetti collaterali, non può essere proposto prima di 3-4 anni. Non escludo che fra 3-4 anni, quando si potrà avere e se si avrà, potremmo non averne più bisogno. Voglio sottolineare che a parte un vaccino nei confronti di Ebola (che peraltro è stato testato solo parzialmente), non esistono vaccini basati su acidi nucleici (Rna o Dna) e per HIV o alcuni coronavirus non ne abbiamo. Non lo dico per demoralizzare, ma per non illudere le persone e non delegare solamente al vaccino la soluzione dei nostri problemi perché potrebbe non arrivare». E cosa fare, nel frattempo o nel caso che questo vaccino non arrivasse mai? «Io credo che dovremmo puntare molto sulla convivenza con questo virus» conclude la professoressa Gismondo «adottando le misure che anche i governi hanno indicato».