Muore a 64 anni a sei mesi di distanza dalla positività al covid. “Fatali i danni collaterali all’organismo”. E la moglie si sfoga: “Quando sento i negazionisti mi sale la rabbia, non sanno cosa abbiamo passato”
Era risultato positivo sei mesi fa, una lenta ripresa seguita da peggioramenti. Mario Fanelli, di Cattolica, in provincia di Rimini, è morto a 64 anni, esattamente sei mesi dopo aver contratto la malattia. E’ deceduto sabato a causa delle ferite inferte dal Covid al suo organismo che, nonostante la scomparsa del virus, hanno compromesso gli organi al punto tale da richiedere un lunghissimo ricovero in terapia intensiva. I medici non hanno dubbi: proprio i danni arrecati dal covid sono risultati fatali.
Lo raccontano i quotidiani locali riminesi. Era metà marzo quando Fanelli venne portato in ospedale, dove è rimasto fino al 5 settembre. Una lunga agonia, una lunghissima terapia intensiva per cercare di tenerlo in vita e contrastare quei danni incalcolabili. “Quando sento le persone che dicono che il virus non esiste, che è più debole, che non si vogliono mettere le mascherine, mi prende una rabbia immane – ha raccontato con dolore la moglie al Corriere di Romagna – non lo sanno cosa abbiamo passato, che inferno è stato. Una cosa che non auguro neanche al mio peggior nemico”.
Un quadro clinico per nulla allarmante: non soffriva di altre patologie
Mario Fanelli non soffriva di altre patologie pregresse, non faceva uso massiccio di farmaci ed era in buona salute. “Prendeva giusto la pillola per la pressione”, ha spiegato la moglie che era rimasta contagiata in modo lieve in primavera. “Dopo 20 giorni di ricovero si era negativizzato, avevamo tirato un sospiro di sollievo”.
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Ma il problema sono stati i danni collaterali che hanno colpito l’organismo durante la malattia. Ciò ha reso la strada in salita, una salita pungente e sempre più difficile da scalare. Nonostante le cure e gli interventi, l’ultimo 20 giorni fa, Mario non ce l’ha fatta. “È stato straziante. Per lui, per la sua famiglia e anche per tutti noi – ha detto al Resto del Carlino il primario della terapia intensiva, Giuseppe Nardi – Non c’è stato nulla da fare nonostante la grossa spinta di tutta l’equipe di medici. Abbiamo fatto tutto il possibile per cercare di salvarlo”.