È l’ordinanza del sindaco di Vicenza, Francesco Rucco che mette al bando numerose attività ritenute non adatte al centro storico di Vicenza
«I venditori di kebab nel centro storico devono sloggiare».
Non sono solo i kebab ad essere stati messi al bando dall’ordinanza del Sindaco di Vicenza, Francesco Rucco, ma anche numerose altre attività come fast food, phone center, lavanderie fai-da-te e compro oro: «Così il nostro centro storico verrà valorizzato», ha spiegato il primo cittadino (di centro-destra), eletto il 10 giugno 2018 con oltre il 50% dei voti.
Le attività messe ‘al bando’
Oltre alle sopra citate vi sono altre attività che sono state messe al bando nell’ordinanza, ovvero anche negozi di bigiotteria di poco valore, i prodotti a base di cannabis, oggettistica etnica e accessori per la telefonia, ed anche sexy shop. L’area interessata non sarà solo quella del centro storico ma anche quella multietnica compresa tra viale Milano, corso San Felice, via Torino e via Genova. Il divieto, verrà inviato alla Regione Veneto per la sottoscrizione dell’intesa.
«Questo documento – ha dichiarato il sindaco Francesco Rucco – rispecchia in pieno la nostra visione di un centro storico vivo, attrattivo e di qualità. La vocazione di Vicenza, città d’arte patrimonio Unesco, è turistica. Nostro compito è valorizzare concretamente questa sua identità, promuovendo azioni forti di rilancio, a partire dall’agevolare l’apertura delle attività che sono in linea con la naturale attitudine al bello della nostra città».
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La polemica sui social
Sui social è scoppiata subito una bufera di commenti: «È un’ordinanza razzista. Ricorda la pulizia etnica del 1938», ha scritto un utente su Twitter. «È un attacco alla libertà. Non vedo alcun senso in una regolamentazione di questa natura, tranne il razzismo e l’attacco alla libertà di scelta individuale», ha scritto un altro. Il sindaco si è così difeso: «Dove ci sono call center, money transfer e negozi di questo tipo, si creano anche aggregazioni di persone che non rispettano le regole, e quindi dobbiamo porre dei limiti da questo punto di vista».